venerdì 30 aprile 2010
Non potendo rispondere all'Inter con risultati di campo - anzi, proprio mentre sta soffrendo e rischia di restare esclusa dalla Champions che i nerazzurri cercheranno invece di vincere a Madrid fra pochi giorni - la Juve si fa coraggio dandosi un presidente "classico": un Agnelli. Andrea, figlio di Umberto, il ragazzo ch'era stato letteralmente dimenticato nella fase di successione ai vertici della Fiat e della Juve dopo la morte dei Grandi Fratelli, sarà presidente non solo per il nome che porta ma perchè - a differenza degli attuali reggenti - è competente, s'intende di calcio. Il giovin Signore degli Agnelli è cresciuto alla scuola di papà, mezzo secolo fa presidente della Juve e della Federazione, e accanto al grande zio, l'Avvocato, che del calcio conosceva tutti i segreti ma negli anni aveva partorito una sola grande idea: Giampiero Boniperti, il presidente delle Vittorie e delle Stelle. Dopo, passando la mano a Umberto quando il tentativo di lanciare Montezemolo non aveva sortito risultati apprezzabili, anzi, dolori e dolori, l'Avvocato s'è accontentato di osservare Giraudo e Moggi, accettando obtorto collo la loro politica di mercato (ha sofferto per la cessione di Vieri e Zidane, ad esempio) e... il resto. La danza la menava Umberto, Giraudo e Moggi li aveva voluti fortissimamente lui, e mi era stata data l'opportunità di essere testimone della scelta che definii - e Agnelli sottoscrisse - «una provocazione». Accanto alla Supercoppia (s'è parlato tanto di Triade, ma Bettega contava poco, e così si è salvato) è cresciuto Andrea Agnelli che qualcuno, certo sbagliando, ha voluto associare agli "eroi" di Calciopoli. Fino al punto di farlo fuori, costringendolo a far esperienze diverse che peraltro ne hanno rafforzato personalità e competenza. Va precisato che anche la vicinanza dei "cattivi maestri" è in realtà stata utile al giovane Andrea, se non altro per fargli capire che il calcio - in particolare il calciomercato - è campo di battaglia per Heroes & Villains, per Furbi & Cialtroni, mentre la Juve era finita nelle mani di chi si consegnava legato mani e piedi al tribunale calcistico chiedendo d'esser strapunito, cacciava allenatori di qualità come Deschamps e Ranieri, strapagava come campioni onesti pedatori e bufale. Da tempo, da quei giorni neri, avevo suggerito il nome di Andrea Agnelli, convinto che avesse la stoffa del padre, e finalmente se n'è accorto anche John Elkann, l'Erede Massimo. Ora mi sembra di rivedere Umberto, che amava invitarmi a Torino quando i miei rapporti con Giraudo e Moggi diventavano difficili, vista la loro volontà, per me insopportabile, d'imporre diktat ai giornali e ai giornalisti: e davanti a loro il Dottore - per far capire che aria tirava - esordiva puntualmente dicendo "caro amico, si ricorda i bei tempi della mia presidenza, quand'eravamo giovani e pieni di entusiasmo?". "Eh - dicevo io - era piu' bello anche il calcio...". E i miei "nemici" improvvisamente si fingevano rispettosi. Perchè un Agnelli sa sempre rispettare e farsi rispettare. Auguri, Andrea: c'e' un gran lavoro da fare. Guardando avanti, non indietro.
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