Esordì così davanti agli studenti dell'Università Bocconi nel 2012: «Si dice che gli esseri umani possano vivere quaranta giorni senza cibo, quattro giorni senza acqua e quattro minuti senza aria. Ma nessuno di noi può vivere quattro secondi senza speranza...».
In un Paese che parla solo di diritti, lui parlava soprattutto di doveri. Per questo mezza Italia ricorderà sempre Sergio Marchionne con un certo fastidio, mentre l'altra metà continuerà a pensare che è stato un gigante. Molti lo rimpiangono perché ha cercato di cambiare qualcosa nei meccanismi del lavoro, esattamente come non ne sentono la mancanza quelli che fanno di tutto perché tutto resti così com'è. Quando diceva che nella vita occorre mettersi in gioco, impegnarsi, considerare le opportunità l'unica strada da percorrere, affascinava quelli che avrebbero voluto essere come lui. E infastidiva quelli che si erano già arresi, e proprio per questo avevano paura di restarne contagiati. Oggi, a due anni esatti dalla sua scomparsa, Sergio Marchionne divide ancora nel giudizio e nel ricordo: solo chi pensa che cinismo e spregiudicatezza siano utili e perdonabili difetti lo ammirerà per sempre. Ma nessuno potrà negargli la capacità di aver avuto una potente visione industriale. Se non altro perché dove non c'è visione, non c'è nemmeno speranza.
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