domenica 19 agosto 2018
Elemento essenziale nell'organizzazione dello spazio è il firmamento. Esso è concepito dall'uomo biblico come una volta solida, da lì il suo appellativo, di tale robustezza da poter reggere la massa delle acque che stanno sopra di lui. Esso riceve il suo nome da Dio (Gen 1,8) che ne è il produttore e ne può certificare la tenuta. Chi meglio di lui può sapere quanto sia stabile? Al firmamento i testi sacri non affidano però solo il ruolo di un soggetto vigoroso, capace di garantire la separazione tra le acque superiori e quelle inferiori e di impedire con tanta possanza il ritorno al caos originario. A lui tocca anche il compito dell'araldo. A lui compete proclamare l'opera delle mani divine. A proposito di sé stesso direbbe che ce la fa a svolgere il suo compito perché Dio gli ha dato l'energia necessaria per poterlo attuare. Esso però aggiunge anche che non è un titano solitario, ma parte di un'armonia perfettamente funzionante. Possiamo affermare questo a partire dal Salmo 19,2: «L'opera delle sue mani annuncia il firmamento». Il seguito del salmo non è autobiografia della volta celeste, bensì descrizione ammirata del percorso solare. Opera delle mani divine è anche la tenda dove il sole ha il domicilio. Esso non ha nulla di divino e di indipendente nella mentalità biblica. È un inquilino di Dio che tuttavia non gli nega dignità e valore. Il sole è presentato come sposo nel giorno delle nozze, allo zenit della bellezza, e come un eroe che senza cedimenti percorre il suo cammino. Tutto questo però non come cavalcata narcisistica, ma come tragitto benefico nel quale riscaldare ogni creatura.
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