Lorsignori dicono - con la prosopopea di chi è convinto di avere inventato il calcio - che rinunciare alla Var (io la chiamo così mi piace più de “il Var”) ora, equivarrebbe a una retrocessione del gioco. Pensa un po'. La Var è nata ieri, qui, nel Paese che ha vinto quattro Mondiali, dal 1934 al 2006, ed è da costoro ritenuta innovazione salvifica, correzione ineluttabile di oltre un secolo di errori. Anche se dalle origini ad oggi questo sport ha conquistato l'adesione entusiastica del Pianeta fondandosi su sole Diciassette Regole e introducendo un'unica importante modifica alla numero 11 - il fuorigioco - fra il 1859 e il 1926, con tre passaggi, finchè Herbert Chapman, allenatore dell'Arsenal, non ne propose la versione ideale. È contro questa regola, - nel dettaglio malvista anche da Vittorio Pozzo che tuttavia firmò, mai imitato, due dei Mondiali vinti dall'Italia - che puntualmente e inutilmente si scatena l'ira dei rivoluzionari d'accatto, ultimo Sepp Blatter che voleva cancellarla. E invece qui si vorrebbe passare alla storia il nome di Tavecchio, firmatario del Decreto Var, titolare della riforma che doveva salvargli la ghirba, nell'indifferenza dei presidenti nemici della vera e necessaria riforma: il ritorno della Serie A alle 18 o 16 squadre, il momento più alto del calcio italiano. La Var - come avevo previsto - non ha portato giustizia ma scompiglio, imponendo una Verità certificata da uno strumento “infallibile” pur legato alla inevitabile fallibilità di chi lo manovra, lo stesso arbitro abitualmente ingiuriato dai faziosi
anche dopo il Lieto Evento. Non solo: chi attribuiva alla Var una crescita culturale (!) contro l'insana tradizione delle dispute da Bar Sport, dovrebbe oggi fare un viaggio nel Web, metter naso nei Social per registrare le maleodoranti polemiche che hanno sì dato un valore aggiunto al calcio italiano: quello di una volgarità intellettuale mai registrata prima, quando le invettive e la discordia volavano, mentre oggi le parole sono pietre. Di chi la colpa di una palese inadeguatezza dello strumento? Dire dei conservatori è impossibile: i tanti che, come me, osteggiano la Var sono impotenti, possono solo documentare la loro posizione elencando gli errori che procura; oggi si tirano in ballo gli arbitri conservatori, coloro che sfidano la tecnologia e magari sbagliano - come sempre è successo - ma oggi sono accusati di oltraggio al Rinascimento Culturale del Pallone. Le prove del fallimento? Gli stessi cultori della Var propongono sui media decine di correttivi. Eppoi - ecco lo scandalo decisivo - chi trarrebbe in sostanza vantaggio dalle decisioni assunte dall'ircocervo Uomo Macchina? La Juventus. Quid novi? Anche la Var soffre la sudditanza psicologica. Ma mi facciano il piacere, lorsignori.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: