L'Enciclopedia dei ragazzi Mondadori era in dieci grossi volumi. Storia, scienze, arte, letteratura, astronomia - di tutto. Nei pomeriggi di pioggia da bambina ne prendevo un volume. C'erano bellissime fiabe: quelle, me le ero già lette tutte. Aprivo le pagine di scienze naturali con le foto di pesci, granchi, polipi, balene, e anfibi, e insetti di luoghi lontani. Restavo a contemplare: uccelli, farfalle splendenti nelle livree di colori cangianti. Altre creature poi, misteriose: grosse meduse viola, gonfie di vento nel profondo degli oceani. Altre ancora erano spaventevoli: gli aculei di pesci velenosi, le chele spietate di granchi giganti, e i serpenti poi, avvolti nelle spire, pronti a scattare. Erano i ragni però, certi ragni tropicali, neri, grandi, che mi terrorizzavano. Li esaminavo meravigliata, a lungo. Erano macchine da guerra vive, erano trappole mortali. Allora ero presa da un dubbio. Ma, quel Dio che ci conosce e ci ama uno per uno, come aveva potuto creare quegli aculei, quei veleni? E le piante carnivore, il fiore che si richiude mortalmente su un povero insetto ghiotto di polline? Il dubbio era dunque: ma Dio, veramente è buono? A catechismo ci insegnavano i Comandamenti. D'accordo, avrei voluto domandare, ma come la mettiamo con i ragni velenosi, e i serpenti? Non osavo, me ne restavo zitta. È anche tacendo, che un bambino si allontana.
© Riproduzione riservata