Forse è stato perché, anche in Rete, si è continuato a soffrire, in questi giorni, per il martirio dei copti trucidati dai jihadisti in riva al mare, o forse per qualche altro motivo che non mi so confessare, ma anch'io, come tanti, sono rimasto a lungo a meditare, con emozione, sull'esortazione di papa Francesco, durante l'omelia alla messa delle Ceneri, a iniziare la Quaresima chiedendo "il dono delle lacrime".Così ho interrogato i soliti robot – niente affatto disposti a commuoversi, loro – non su quanto e come quell'espressione era stata ascoltata e commentata, ma sulla sua provenienza. Le prime ricorrenze mi hanno rimbalzato dal monachesimo antico, occidentale e orientale, a forme di spiritualità carismatica contemporanea, fino a un romanzo giallo ambientato in una chiesa di Roma durante l'ultima Sede vacante. Ma subito ho trovato anche che Francesco a questa idea e a questo dono è proprio affezionato. Come ha ricordato Muolo qui su "Avvenire", ne aveva parlato che non è molto, il 18 gennaio 2015, nelle Filippine, abbracciando Jun, ex bambina di strada: «Impariamo a piangere». E poco meno un anno fa, il 6 marzo 2014, ai parroci di Roma: «Tu piangi? O abbiamo perso le lacrime?». E ripetutamente nel 2013, da Casa Santa Marta, la prima il 2 aprile: le lacrime come «una bella grazia», gli «occhiali per vedere Gesù».Infine, è lo stesso Francesco a riportare questa sua sensibilità a una lunga tradizione ecclesiale: «Ricordo che nei Messali antichi, quelli di un altro tempo – dice nel 2014 – c'è una preghiera bellissima per chiedere il dono delle lacrime». Il resto lo spiegava, all'epoca, il blog "Cantuale Antonianum" ( http://tinyurl.com/ps3tcz3 ), per filo e per segno. Sì, una preghiera bellissima: «O Dio onnipotente e mitissimo, (…) fa uscire dalla durezza del nostro cuore lacrime di pentimento: affinché possiamo piangere i nostri peccati e meritare, per tua misericordia, la loro remissione».
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