Il dibattito interno alla Chiesa: con le regole di papa Francesco
mercoledì 18 gennaio 2017
Due fonti, una cartacea-digitale e l'altra solo digitale, registrano che il confronto tra commentatori di cose vaticane divergenti nel valutare il pontificato di Francesco ha assunto, nelle ultime settimane, toni intensi e, in qualche caso, accenti personali decisamente aspri. Nel mio quotidiano monitoraggio ho incontrato anch'io i fatti che "Formiche.net" ( tinyurl.com/hckshst ) e "Il Giornale" ( tinyurl.com/jqrvh5q ) mettono in fila senza troppo distinguere, nemmeno tra chi ha attaccato e chi si è difeso. Se non ne ho tratto un'ulteriore notizia, è stato per non contribuire alla drammatizzazione (o per contribuire alla sdrammatizzazione, che è poi lo stesso).
Mi interessa invece sottolineare gli elementi che, a mio parere, stanno alla base di queste dinamiche. È anche a motivo della comunicazione disintermediata che egli stesso pratica – il suo farsi prossimo anche nel linguaggio – se questo Papa è fatto oggetto di critiche e contestazioni con tanta disinvoltura, specialmente nell'ambiente ecclesiale digitale. Il quale a sua volta consente una libertà (libertà di accesso, libertà degli editori e anche dagli editori, libertà di non esporsi di persona...) ignota alle precedenti stagioni dell'informazione religiosa. Così chi non condivide le visioni e lo stile di Francesco lo esprime direttamente, in una sorta di faccia a faccia che nessuno avrebbe mai osato verso i predecessori: penso in particolare a Giovanni Paolo II. E se si va faccia a faccia col Papa, a maggior ragione ci si va verso gli osservatori che hanno altre vedute.
Ma c'è modo e modo. È Francesco stesso a suggerirci quale specifica mediaetica seguire. Chi critica non arrivi a «lapidare con la lingua» (è un'espressione che ha usato ricordando monsignor Romero, ma quanto è attuale per la Rete...). Chi è criticato prenda sul serio i rilievi, che «ci aiutano a camminare sulla retta via del Signore» (lo ha scritto a uno dei suoi critici più attivi). Tutti sappiano che il Signore ci parla anche attraverso la voce e la testimonianza dei fratelli (lo ha detto parlando del dono del «consiglio»).
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