Le procedure dei vecchi privilegiano i ricordi. E i ricordi sono un bene: ma guai se diventano il bene. Magari col corollario del mala tempora currunt: delle lagne sul disastroso deterioramento dei tempi. Ma noi siamo chiamati a vivere proprio questi tempi difficili, non altri: a viverli sino in fondo e con tutto l'amore di cui siamo capaci; se no la nostra unica partita è perduta, si riducono in cenere i più cari ricordi. Di poche cose sono convinto come di questa (anche se poi la botte dà il vino che ha: e spesso il vino con gli anni inacidisce). Ma sono pure certo che senza un po' di memoria non si capisce nulla, non si combina nulla di buono (né di nuovo) e si vive male. Forse un significativo connotato dell'epoca attuale, che a me sembra povera e confusa, è l'abiura della memoria: per disamore. Non ci ingannino i ricorrenti revival: sono mode indotte dal mercato e destinate a sparire senza lasciare traccia, cedendo il posto ad altre simili – similmente dispersive e vane. La memoria è vera quando aiuta a trovare il senso dell'oggi: niente nasce per partenogenesi e qualsiasi fatto è figlio d'un intrico di fatti precedenti. Ciò che ci sta realmente a cuore, il fragile destino dei figli e dei nipoti, non si governa fuori dalla storia. Perché va governato: e tutto il resto conta meno.
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