Settimane, mesi di passione. Numerica. All'ufficio postale, dove sono in coda da mezz'ora, un vecchio malandato tenta di risolvere con l'impiegata una questione di indirizzo sbagliato, anzi di numero civico. Da quello che capisco il numero — «quattordici», si affanna, «abito al quattordici» — gli impedisce di ritirare dei soldi, e non c'è dubbio che ne ha bisogno. Tre sportelli più in là, un uomo, trafelato, compila il modulo delle raccomandate e urla al telefono che salderà i suoi debiti a fine mese, «pago tutto», si angoscia, «lo giuro». A casa accendo la televisione. In cartelli rossi e azzurri si alternano numeri e percentuali negativi e positivi, inscritti dentro frecce a testa in giù e in su. «Sono proiezioni, scenari futuri», spiega la voce rassicurante di un esperto, mentre sul commento scorrono immagini di denaro, nuovo, appena stampato. Il denaro che non vediamo quasi più, perché usiamo le carte di credito e perché in tasca, almeno alla maggior parte di noi, ne è rimasto poco. È come assistere a un teatro della disperazione e della speranza. Ma fuori dallo schermo? Nel film Il bidone di Fellini una banda di truffatori maneggia continuamente le vecchie banconote. Spiegazzate, luride, portano i segni del lavoro, della fatica, degli smerci e dei traffici, della vita come (anche e soprattutto) è.
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