sabato 4 febbraio 2012
Solamente sul mio tavolo arrivano sei riviste cattoliche: «San Francesco», «Vita pastorale», «Città Nuova», «Missioni»... Non so dell'esistenza di un catalogo dei titoli di questa stampa e come è diffusa nel mondo, ma immagino sia immensa. Anche sfogliando alcune di quelle che ricevo, notevole ed estremamente vario è il panorama dei titoli e degli argomenti trattati, quasi sempre resi più interessanti da fotografie a colori. Ecco la Tanzania, dove in una pianura di sabbia arsa dal sole ramificata da una miriade di strade sterrate, le donne cercano l'acqua scavando buche nel letto del fiume. Nella missione di Manda, la retta della scuola è di 5 dollari l'anno, ma molti non riescono a pagarla. «Perché se ne vanno?», titola «Vita Pastorale», che occupa alcune pagine sui giovani in Italia. Una recente ricerca rileva che nel mondo giovanile solo il 52% tra i 18 e i 29 anni si dichiara cattolico, contro il 67% di appena 5 anni fa. L'autore si chiede quale sia l'immagine di Chiesa da parte di chi ha abbandonato le pratiche di fede e come si può proporre ai giovani di oggi un cristianesimo credibile. Tutto questo in un periodo nel quale si sono viste immense piazze di giovani ascoltare la voce di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto XVI. Sfogliando «Città Nuova», nelle pagine della cronaca uno scritto ci parla della nave del Giglio. Abituati ormai ai programmi realistici in diretta, in un primo momento abbiamo guardato questa tragedia come uno sceneggiato, discutendo sull'eroe buono e quello cattivo, sull'egoismo e sulla generosità. Meno abbiamo pensato all'abnegazione degli addetti alla sicurezza della nave che si sono ammutinati per salvare i passeggeri. Chi scrive fa notare come i mezzi di comunicazione abbiano questa volta funzionato perfettamente e «sono stati maestri preparati e moralisti nel senso positivo del termine». Un giusto riconoscimento a chi mette in conto nel proprio lavoro anche di rimetterci la vita: penso ai 66 giornalisti uccisi nel 2011 per la giustizia, la libertà e la verità. Tutto questo mi ispira la grande varietà di gruppi cattolici dai diversi nomi, dalle differenti iniziative e attività. La diversità va guardata come una ricchezza, se nel profondo tutti rispondono a uno stesso codice interiore. Difficile comprenderlo quando si vorrebbe una forza comune, una bandiera sola che prenda su di sé il peso delle nostre richieste e dia risposte sicure. Ci sentiremmo meglio protetti come lo eravamo nei primi anni del dopoguerra, quando l'avversario era ben visibile e chiaro. Ma unità non vuol dire uniformità e forse questo vuol significare quella foto del periodico «San Francesco» dove il Papa biancovestito siede accanto al patriarca di Costantinopoli in abito nero, il quale è vicino all'arcivescovo di Canterbury vestito di rosso; ma tutti leggono lo stesso libro sotto gli archi della basilica di San Francesco ad Assisi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: