sabato 18 settembre 2021
Dei milioni di fotografie scattate a Giovanni Paolo II, nei secoli futuri ne resteranno, consegnate per sempre alla storia, forse non più di una manciata. Una di queste, scattata dal fotografo di "Famiglia Cristiana" Giancarlo Giuliani, è di certo quella che ritrae Wojtyla in piedi, affacciato sulla porta della Casa degli Schiavi sull'isolotto senegalese di Goree. Era l'isola da cui salpavano le navi negriere che, per secoli, portavano gli schiavi strappati alla loro terra verso le Americhe, un'isola, disse in quell'occasione il Papa, dove «si vede soprattutto l'ingiustizia. È un dramma della civiltà che si diceva cristiana... Purtroppo, la nostra civiltà che si diceva e che si dice cristiana, è tornata per un momento, anche durante il nostro secolo, alla pratica della schiavitù. Sappiamo cosa furono i campi di sterminio. Qui ce ne è un modello».
Era il 1992, e non furono pochi, dentro la Chiesa, a mugugnare per quelle parole che accostavano direttamente la vergogna dello schiavismo al cristianesimo. Mugugni che due anni più tardi, alla pubblicazione della Bolla di indizione del Grande Giubileo del 2000, si sarebbero trasformati in vere critiche per l'annuncio che l'Anno Santo doveva essere l'occasione anche per chiedere perdono «per le colpe della Chiesa nel passato». Critiche che Giovanni Paolo II ascoltò, salvo poi tirare dritto per la sua strada. Che finì con il culminare nella chiusura della celebrazione della Giornata del Perdono con queste parole che restano scolpite nella storia: «Questa liturgia che ha celebrato la misericordia del Signore, e ha voluto purificare la memoria del cammino dei cristiani nei secoli, susciti in tutta la Chiesa e in ciascuno di noi un impegno di fedeltà al messaggio perenne del Vangelo: mai più contraddizioni alla carità nel servizio della verità, mai più gesti contro la comunione della Chiesa, mai più offese verso qualsiasi popolo, mai più ricorsi alla logica della violenza, mai più discriminazioni, esclusioni, oppressioni, disprezzo dei poveri e degli ultimi».
Questo dev'essere un impegno costante per i cristiani. Anche oggi, come ha ripetuto Francesco lo scorso otto settembre: «Per la società antica era vitale la distinzione tra schiavi e cittadini liberi. Questi godevano per legge di tutti i diritti, mentre agli schiavi non era riconosciuta nemmeno la dignità umana. Questo succede anche oggi: tanta gente nel mondo, tanta, milioni, che non hanno diritto a mangiare, non hanno diritto all'educazione, non hanno diritto al lavoro: sono i nuovi schiavi, sono coloro che sono alle periferie, che sono sfruttati da tutti. Anche oggi c'è la schiavitù. Pensiamo un poco a questo... Così infine, l'uguaglianza in Cristo supera la differenza sociale tra i due sessi, stabilendo un'uguaglianza tra uomo e donna allora rivoluzionaria e che c'è bisogno di riaffermare anche oggi... Quante volte noi sentiamo espressioni che disprezzano le donne! Quante volte abbiamo sentito: "Ma no, non fare nulla, [sono] cose di donne". Ma guarda che uomo e donna hanno la stessa dignità, e c'è nella storia, anche oggi, una schiavitù delle donne: le donne non hanno le stesse opportunità degli uomini... Tutto quello che esaspera le differenze tra le persone, causando spesso discriminazioni, tutto questo, davanti a Dio, non ha più consistenza, grazie alla salvezza realizzata in Cristo... E la nostra responsabilità è camminare decisamente su questa strada dell'uguaglianza».
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