martedì 28 marzo 2017
È spuntata lei, la Repubblica Centrafricana e ci ha soffiato il posto. Eravamo gli ultimi nella lista della classifica dello sviluppo umano. Il Niger è adesso al penultimo gradino della scalinata dei Paesi del mondo. Occupiamo con una certa dignità il numero 187, e la RCA, ancora in preda alle guerra civile, si trova in fondo, al numero 188. Non ci si potrebbe attendere altro da questo Paese. Una cinquantina di morti tra i civili in questi ultimi giorni, vittime degli ex ribelli della Seleka, e le armi che si continuano a vendere ai vari gruppi antagonisti perché la guerra non finisca mai.
Cominciassimo dal fondo, come sarebbe più logico fare, saremmo i primi della classe, una posizione poco invidiabile. Ci sono i Paesi a sviluppo altissimo, alto, moderato e debole. Immaginiamoci un momento di essere la noiosa Norvegia, seguita a ruota dall'Australia che deporta e abbandona i migranti nelle isole. La Svizzera che si finge neutrale e la Germania che detta le leggi dell'economia. La Danimarca e poi Singapore e l'Olanda, che giocava il calcio totale senza mai vincere nulla. Sono i primi cominciando dall'altra parte della scalinata, assieme all'Irlanda, l'Islanda, il Canada e gli Usa (oggi) di Trump.
Meglio stare tra gli ultimi che arrivano prima. La speranza di vita in Niger si attesta ai 61 anni e poi dipende dal tempo. Al solito le donne hanno un paio d'anni di vita in più per occuparsi dei bambini e anche dei vecchi, quando succede. La connessione internet è mediamente al due per cento e la popolazione urbana non arriva al venti per cento. La povertà e le disuguaglianze toccano specialmente le campagne, con il deserto che avanza. Tagliamo alberi, facciamo legna e arrostiamo la carne di sera lungo le strade di Niamey. Sale il fumo che danza con sensualità nella polvere quando passano le macchine fuoristrada e i taxi numerati. Siamo intanto arrivati a 19 milioni e di questo passo raddoppieremo la popolazione tra 25 anni. Un bel problema verrebbe da dire, visto che ci sono le carestie ad eliminare i poveri. Qui siamo resistenti, ostinati
e non ci lasciamo portar via il messia che arriverà, impolverato
per il viaggio tra i prossimi neonati. Ci hanno messi penultimi finché non cominceremo il conto alla rovescia, un giorno.
Ci precedono i soliti noti dell'Africa classica dei fumetti e delle statistiche. L'Eritrea, prigione aperta che esporta giovani e coltiva la guerra per evitare la pace. La Sierra Leone che continua a fabbricare diamanti di color sangue e ne inventa pure uno di 706 carati. Una pietra preziosa che gli specialisti classificano tra le prime quindici più pregiate del mondo. Il Paese, invece, sprofonda al numero 180 della lista, in zona retrocessione non fosse per il Presidente che del diamante ha promesso una vendita trasparente. Nel frattempo custodisce la pietra nei forzieri della Banca Centrale del Paese. Il Mozambico in difficoltà e il Sudan del Sud che dall'indipendenza compra più armi che cibo per la popolazione allo stremo. La Guinea del minerale di ferro da esportazione, coi bambini migranti venduti in Marocco, il Burundi sull'orlo del baratro e il Burkina Faso che non riesce a completare la rivoluzione e si consola col Festival cinematografico premiando «Felicité», la felicità che verrà. Il Ciad che ha dilapidato il petrolio nella lotta contro il terrorismo e infine noi, nel Niger, impegnati in un conto alla rovescia. Domandatelo ai migranti, e vi risponderanno. Inseguono le frontiere dalla parte sbagliata e si trovano anch'essi in fondo alla lista. Producono ricchezza per gli altri e trasformano l'Agadez della storica moschea in un circo umanitario aperto al pubblico occidentale.
Per un mondo alla rovescia basta cominciare dal fondo. Gli ultimi arrivano dal mare appunto per cambiare la classifica.
Niamey, marzo 2017
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI