La notizia della morte del cardinal Caffarra, avvenuta il 6 settembre, ne ha fatto, nelle 24 ore successive, il protagonista delle cronache ecclesiali digitali. Non credo di fargli torto se dico che in poche altre occasioni egli era stato così presente sulla scena pubblica (probabilmente al momento della nomina ad arcivescovo di Bologna, come successore del cardinale Biffi): non era uno che cercasse i riflettori, malgrado negli ultimi tempi la sua appartenenza al quartetto dei firmatari dei "dubbi" sull'"Amoris laetitia" gli avesse procurato qualche intervista e qualche titolo in più.
E dunque non credo di fargli torto, ma al contrario sono convinto di aderire alla sua sensibilità se mi astengo dal dare conto della gamma di ricordi e anche di giudizi e ipotesi (alcune irricevibili) che ho letto su di lui in queste ore. Preferisco invece riprendere dal suo sito web, ovviamente non ufficiale ( tinyurl.com/y78fzuyx e tinyurl.com/y84phtbh ), le parole che egli stesso ha pronunciato, davanti alla Madonna, in due successivi congedi dal suo popolo, e che lo stesso monsignor Zuppi, suo erede a Bologna, ha posto in premessa a una «nota dai toni intimi» diffusa dopo la morte e già citata, negli altri punti, da "Avvenire" ( tinyurl.com/ybpnr92e ).
«O Santa Madre di Dio (…), quale grande dono mi hai fatto! Potermi ritirare nel silenzio e nella preghiera dopo che con questo popolo, che ho amato e continuerò ad amare per sempre, ho potuto dirti: Rivolgi a questa città il tuo sguardo pietoso, e mostra a essa il tuo Figlio Gesù. (...) E infine, non posso terminare questa pubblica preghiera, in un momento per me tanto solenne, senza raccomandarti ancora una volta i "tre grandi amori" del mio episcopato: i sacerdoti, le famiglie, i giovani» (8 dicembre 2015). «Sta per iniziare l'ultimo capitolo della mia vita. Breve o lungo è mistero della divina provvidenza. Guidami in questi anni perché incontri il volto festivo del tuo Figlio: lui che ho desiderato, lui che ho amato» (17 maggio 2015).
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