Dalla cucina vengono voci e risate, e rumore di pentole e piatti, mentre si allarga nella casa un profumo di sugo alla amatriciana. Stridio di sedie smosse, ora. Si stanno mettendo a tavola. Dieci amiche della figlia diciassettenne sono venute a cena. Un figlio e il marito hanno pensato bene di uscire. L'altro figlio si è barricato in camera sua. Il cane fa discrete sortite, a mendicare qualche boccone. I gatti se ne stanno in esilio sotto al mio letto, imbronciati come divinità offese da tanto baccano. Io, qui in camera, sorridente. Di questa festa di ragazze, di queste voci fanciullesche che colmano la casa. (Rimpiango stasera di non averne avuto tanti di più, di figli. Che bello sarebbe stato, mi dico: la casa sempre percorsa dai loro passi, dalle loro voci, perfino dai loro litigi). Comunque: già tre, che regalo. Se portano qui gli amici ne sono felice. Ho conosciuto bene, da adolescente, l'aria immobile e il silenzio di una casa troppo grande per due persone sole. Me li ricordo ancora, certi quieti interminabili giorni d'estate, e il sole di giugno che dalle finestre del soggiorno sembrava non tramontare mai sulla nostra solitudine. Mentre le fodere bianche proteggevano dalla polvere i divani, dove peraltro non si sedeva mai nessuno; e i pavimenti tirati a cera, nelle stanze sempre vuote, brillavano. Grazie, allora, per il festoso squillare, stasera, del campanello della porta, e per la mole informe dell'appendiabiti sepolto da giacche e borse. Per le risate che esplodono corali, all'improvviso, e anche per lo stato in cui domattina troverò la cucina. Le case non sono fatte che per viverci, per stare insieme e per volersi bene, e stasera la mia di tutto questo è così piena: mi stupisce dirlo, ma sembra come colma della tenerezza di Dio.È quasi mezzanotte quando l'ultima invitata se ne va. I gatti se ne escono guardinghi dal bunker sotto al letto, annusano cauti in corridoio, poi, rassicurati, vengonoa farsi dare un'ultima carezza. E belli come sono, gentili fiere domestiche, mi paiono, come diceva Chesterton, anche loro un segno di quella segreta tenerezza.Ora la casa è buia e dorme, ma io sento ancora la vita che le è scorsa dentro come un fiume, stasera. Grazie di questi figli, e dei loro amici, dico fra me mentre il sonno avanza. E mi balena in mente quella antica promessa: "il centuplo quaggiù". La solitudine della adolescenza, davvero cento volte ripagata.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: