mercoledì 20 maggio 2020
Un classico è un libro che viene molto citato ma che è dato per letto senza essersi presa la briga di leggerlo davvero. In questo senso, Il Capitale di Karl Marx è un classico: infatti, chi lo legge, chi l’ha mai letto?
Non è una lettura «scorrevole», per usare una parola che a Milan Kundera non piaceva. Peraltro, va tenuto presente che Marx pubblicò solo il primo volume, gli altri due, non meno astrusi, furono pubblicati postumi. Viene adesso in soccorso la Guida per il lettore contemporaneo de “Il Capitale” di Karl Marx, confezionata da Luigi Ferrari, professore di Psicologia economica e Psicologia delle condotte finanziarie, presso l’Università di Milano–Bicocca (Vicolo del Pavone, pagine 284, euro 14,90). Ferrari considera Marx più filosofo che economista e ne espone la metodologia incentrata non tanto sulla dialettica, quanto sulla “contraddizione”: non sulla contraddizione logica (“Il mio gatto bianco è nero”), bensì sull’ambivalenza esistenziale che faceva dire a Catullo: “Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. / Non lo so, ma sento che ciò accade, e mi tormento” (Ferrari è anche un umanista: in un libro del 2014 ha indagato su Lavoro e individualismo in Franz Kafka). Per fare un po’ di ordine, ricordiamo qualche data: Marx nacque a Treviri nel 1818 e morì a Londra nel 1883; il primo libro del Capitale uscì nel 1867, gli altri due, a cura di Friedrich Engels, che non era propriamente un divulgatore, rispettivamente nel 1885 e nel 1894. Ferrari addebita alla Guerra Fredda – durata dal secondo dopoguerra alla caduta del muro di Berlino (1989) –, la lettura esclusivamente ideologica del Capitale che ha contribuito a dividere il mondo in due blocchi contrapposti: da una parte «l’impero (sovietico) del male», dall’altra l’Occidente capitalistico libero e democratico. Ma bisogna tener conto che il pensiero di Marx non è statico, bensì istaura un processo dinamico anche per quanto riguarda il ruolo della rivoluzione. Inizialmente, Marx perorava per la rivoluzione, ma successivamente, anche in seguito all’esperienza negativa della Comune di Parigi, immaginò una transizione lenta dal capitalismo al socialismo. Bisogna dare a Marx quello che è di Marx, a Lenin quello che è di Lenin, a Stalin quello che è di Stalin, a Gorbacëv quello che è suo. Marx è stato danneggiato dai seguaci e dai commentatori sia entusiasti, sia denigratori. Si dice che, nei suoi ultimi anni, Marx abbia dichiarato: «Io non sono marxista». Giorgio Galli, che ha prefato altri libri di Ferrari, questa volta lancia un’ipotesi di attualità. La democrazia occidentale finora era basata sul suffragio universale per l’elezione del Parlamento, ma oggi il Parlamento è esautorato dalle multinazionali che detengono il potere reale: «Un’evoluzione positiva potrebbe ottenersi – scrive Galli – con l’estensione del suffragio universale (potere fondato sul consenso), dalla scelta dei Parlamenti alla scelta almeno in parte dei membri dei consigli di amministrazione delle multinazionali». Un bel passo in più rispetto alla partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione dell’impresa, auspicata da Francesco Vito ai miei tempi nell’Università Cattolica.
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