«Lì si levò un albero. Oh puro sovrastare! / Orfeo canta! Grandezza dell'albero in ascolto! / E tutto tacque. Ma proprio in quel tacere / avvenne un nuovo inizio, cenno e mutamento». Rainer Maria Rilke, uno dei massimi scrittori in versi, nel primo Novecento ricrea l'incanto di un momento epocale dell'umanità: l'avvento al mondo di Orfeo, il primo poeta, il Padre fondatore della poesia. Che non viene al mondo, nel mito greco, come una disciplina ermetica, per iniziati, ma come espressione diretta di un dono divino, capace di incanto assoluto. Alla voce di Orfeo, il cantore, un albero si leva e si pone inascolto. Quel suono, quell'armonia, il canto poetico, agisce nel profondo della natura, che si desta rapita per ascoltare una musica piena di senso e inaudita. Animali in silenzio si avvicinano al cantore, gli animali mansueti ma anche quelli feroci, di colpo ammansiti… Dicono anche le pietre piangessero al suo canto. La poesia non appare al mondo come una disciplina preclusa al mondo, ma come l'espressione di una forza che unifica tutte le creature, metaforizzata qui, come l'amore di Francesco d'Assisi, fino al regno animale e quello vegetale. Animali, piante, tutta la vita creaturale colpita da un mutamento operato da Orfeo, il miracolo dell'ascolto: «Tu creasti per loro un tempio nell'udito».
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