Erano i primi anni Settanta. Alcuni psichiatri che lavoravano in manicomi alle porte di Milano, cercavano di ripetere l'esperienza di Basaglia. Me lo racconta la moglie di uno di loro. In gruppo, e lei ogni tanto si univa, accompagnavano i ricoverati fuori dai confini dentro i quali erano vissuti, in totale isolamento, per molti anni, o da sempre. Una volta, durante una gita invernale al Lido di Venezia, un ricoverato, un omone sui quarant'anni con una psicosi grave, si era messo improvvisamente a correre verso la bambina dello psichiatra e della donna, che stava raccogliendo conchiglie in riva al mare. L'aveva quasi travolta, poi l'aveva presa in braccio. La donna stava per precipitarsi a soccorrere la figlia, ma il marito l'aveva trattenuta. La donna fissava il marito con angoscia e con rimprovero. «Sapeva quello che faceva o era più incosciente di me che lo seguivo? Le fedi, com'è noto, a volte accecano». Così lui le aveva parlato di quell'omone, smisurato in tutto, sottolineando un particolare. «Non ho più potuto dimenticarlo» dice la donna «e per me chiude la bocca a qualsiasi critica contro Basaglia». Nell'armadietto dell'omone, tra gli "effetti personali" del periodo in cui era entrato in manicomio, c'era un'unica cosa: un camicino da neonato. Quando era stato internato non aveva ancora un anno.
© Riproduzione riservata