Corpi che si flettono, menti che si piegano. Chissà se una Barbie può diventare grande, sorridere e amare. Chissà.
Nadia Comaneci ha 14 anni, i capelli a caschetto e Béla Károlyi per allenatore, nome da vampiro, un po' papà, un po' aguzzino: la sua ginnastica è un quadro dipinto con rigore e rimproveri.
E lei è il suo capolavoro. Perché Nadia è una fatina di 39 chili che vola in pedana, gesso sulle mani, polvere nera sul cuore. Anche il 18 luglio 1976, quando sale sulle parallele con addosso una tutina bianca da bambola: finisce perfetta e la giuria inventa per lei un voto che prima non esisteva. Dieci. Nemmeno il tabellone elettronico è impostato per quel numero, e infatti segna 1.00, la cifra che cambia la storia della sua vita. Ma anche delle Olimpiadi, e della ginnastica. Per Nadia è solo uno dei tre ori che vince ai Giochi di Montreal, da lì in poi atterra sulle copertine di Time e Newsweek, il mondo ha occhi solo per questa lolita romena che Ceausescu esibisce al mondo per dimostrare quanto è bello il suo regime di campionesse perfette. Tutti la vogliono, nessuno sa amarla. Nadia cresce male, alcol, depressione e bulimia, soldi facili che non potrà mai spendere, trucco pesante e servizi segreti, suicidi sfiorati, altre Olimpiadi e medaglie ma più sofferte, vette e baratri. Nel 1989 fugge in America, oggi ha quasi 60 anni, parla tre lingue, è stata eletta tra le 100 donne più importanti del secolo. E se le chiedono quale è stato il giorno più bello della sua vita, risponde: «Quello dell'oro a Montreal, perché mi regalarono un pacchetto di gomme da masticare. Mai assaggiate prima, che felicità...». Una ex bambina che ha smarrito il tempo.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: