La salvezza verrà dalla provincia? Me lo sono chiesto dopo aver letto La bella di matematica (Santi Quaranta, pp. 160, euro 13), di Alessandro Cecconato, un ragazzo di diciott'anni, che sta frequentando l'ultima classe di liceo. È un libro divertente e simpaticissimo, scanzonato e stupido come la giovinezza. Sì, stupido della meravigliosa stupidità della giovinezza non ancora emancipata dall'adolescenza, quando tutta la vita è allo stato potenziale, e si fanno prove che sono sempre di iniziazione. La storia si svolge in una città di provincia, Polon, che assomiglia moltissimo a Treviso, raccontata da Paolo Ceglinato, che condivide con i compagni del Liceo Boccaccio le angherie di una professoressa di matematica, Alda Adda, bruttissima e cervellotica, che non sa spiegare perché non conosce la materia e non sa far altro che vessare gli alunni con interrogazioni a sorpresa e voti a casaccio. I ragazzi si difendono come possono, fanno scherzi alla professoressa, tentano petizioni per mandarla via, ma è sempre lei ad avere la meglio con l'arma della bocciatura. Pian piano si verrà a sapere che la poveraccia è vittima di un marito al limite del sadismo, e sarà lei stessa a far scoprire a Paolo, in sogno, la verità: «Voi ragazzi miei non capite nulla! L'uomo nero mi ha annerito, io sono soltanto un'anima legata. L'Impedita». Solo alla fine Adda troverà la forza di liberarsi da quel giogo coniugale. Insomma, così come un bambino "cattivo" è un bambino infelice, altrettanto può accadere a una professoressa "cattiva", soprannominata per antifrasi "la bella di matematica". C'è quindi un fondo amaro in questa storia che è lo spaccato di un ambiente giovanile che avevamo dimenticato, a metà tra Il giornalino di Giamburrasca e i Ricordi di scuola di Giovanni Mosca. Per questi ragazzi l'obiettivo è di non rovinarsi le vacanze per colpa della matematica, i grandi problemi, gli scenari geopolitici non li riguardano, i grovigli ideologici neppure. Si limitano, semmai, a prendere in giro il vicesindaco Gian Benito Rusticoni che aveva promesso un parcheggio che poi non è stato fatto. Sono ragazzi della provincia veneta, pagana come le splendide tele della scuola veneziana, anche di soggetto sacro, ma davanti alle quali non viene da recitare neanche un'Avemaria. Il giovanissimo autore ha un'intuizione psicologica formidabile. A proposito di un prete un po' bislacco che fa suonare a festa le campane alle ore diciotto, in coincidenza con la chiusura della Borsa, Cecconato commenta: «Ammettiamolo, la gente di Polon è strana, cattolica, ma soprattutto filosofa tanto che a un'intervista riguardo alle controversie scatenate dalle campane, un tale rispose: "Se le ascolti le senti, se non le ascolti non le senti": cristallino». Perché affannarsi, se basta non ascoltare? Qualunquismo, si dirà. Ed è anche vero, eppure con una certa superiorità di saggezza, tipicamente veneta, che consiglia di non immischiarsi quando non è il caso o quando, comunque, la situazione supera le proprie forze e competenze. E, pur sempre, con una fondamentale sanità di segno positivo. Per questo mi chiedevo se la salvezza verrà dalla provincia. Certo non verrà dai cortei e dalle rivoluzioni che nascono nei salotti di città. Anche La bella di matematica, dunque, è leggibile a più livelli e va a tutto merito dell'ammirevole ingenuità del giovanissimo autore. Che poi tanto ingenuo non è, come non deve esserlo uno scrittore, indipendentemente dalla data di nascita. E ringrazio Susanna Tamaro per avermi segnalato questo candido, enigmatico romanzo.
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