Ho due amici con cui ogni tanto parlo del viaggio e del viaggiare. Uno ama viaggiare, mitizza il viaggio, ma effettivamente viaggia molto. L'altro sogna di fare viaggi, ha elaborato una sua personale e saggia teoria del viaggio, ma poi non si decide a farlo e viaggia poco: il suo sogno del viaggio giusto e del viaggiare "come si dovrebbe" finisce per renderlo stanziale, si avventura solo in spazi ristretti. Dunque due idee, due modi di concepire e praticare il viaggio: andare in luoghi remoti, esotici, o invece intensificare la percezione e l'esplorazione degli spazi, anche quelli più prossimi e comuni, che di solito attraversiamo senza neppure vederli. Stando a quanto osservò già negli anni Trenta il poeta e saggista Paul Valéry (1871-1945), che viaggiò ben poco, la nostra sensibilità di moderni si stava ottundendo e impoverendo: avevamo bisogno di stimoli sensoriali sempre più brutali e violenti, diventando divoratori impazienti di spazio e tempo senza averne consapevolezza. Fretta e distrazione, velocità e superficialità sensoriale agivano negativamente anche sull'intelligenza. Per capire bisogna guardare e vedere. Per riflettere bisogna prima aver percepito. Le filosofie "a occhi chiusi" sottovalutano la realtà. Consiglio la lettura di un volumetto appena uscito da Utet intitolato Altri orizzonti. Camminare, conoscere, scoprire (pagine 104, euro 14,00), con scritti di sei autori, in cui il viaggiare è ricondotto alla fisicità della conoscenza offerta da quel primario modo di viaggiare che è il camminare. Oggi si cammina sempre meno e si guardano sempre meno, nelle strade, le cose e gli esseri umani. La rivalutazione della bistrattata Geografia come materia scolastica è stata giusta, ma non ha avuto molto successo. Il buon geografo ama gli spazi fisici, i paesaggi attraversati di persona e pazientemente osservati: cosa sempre più rara. Quando poi si tratta di spazi urbani, il camminare e osservare possono essere un utile esercizio di conoscenza sociologica, politica e morale. Viaggiare è stato a lungo sinonimo di avventura e ricerca. Oggi attraversiamo interi continenti senza averne visto quasi nulla. Il turismo moderno è una scuola di banalizzazione che si risolve in un cumulo di foto infilate nei cellulari e che si faranno scorrere senza guardarle per più di qualche secondo. Abbiamo sempre più fretta. Per arrivare dove?
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