Ha a che fare con la religione la foto vincitrice del prestigioso World Press Photo 2017, che è di Burhan Ozbilici e si intitola "Un assassinio in Turchia". Infatti ritrae l'uccisione dell'ambasciatore russo Andrej Karlov (Ankara, lo scorso dicembre) a opera di un ex poliziotto che, prima di essere ucciso a sua volta, ha gridato la propria fede islamica. Così questa scelta, che la giuria di Amsterdam ha motivato dicendo di aver visto in quella «immagine esplosiva» una testimonianza «dell'odio della nostra epoca», ha interpellato anche diverse voci dell'informazione religiosa digitale, compresa qualche sottolineatura critica della spettacolarizzazione della violenza che tale foto rappresenterebbe (come Francesco Indelicato sul sito dell'Aiart tinyurl.com/znrr4e6 ).
Non era purtroppo l'unica immagine in tema di religioni e conflitti. Chi andasse sul sito ufficiale del Premio a scorrere le 250 e più foto finaliste, scelte su una rosa di migliaia di scatti, vi troverebbe una vera e propria galleria di lutti e violenze di matrice religiosa, colti soprattutto nelle aree mediorientali in cui agiscono i gruppi jihadisti. Una galleria che si attraversa con grande sofferenza.
Ho cercato se il tema religioso fosse presente anche in altri contesti. Ed ecco, nella categoria "persone", secondo posto della sezione "immagini singole", la foto «Pregare per un miracolo» ( tinyurl.com/j3v2k84 ), in cui il neozelandese Robin Hammond ritrae una malata mentale, spiegando che nei Paesi poveri l'unica terapia per questi malati è spesso la preghiera, che sia di un ministro della Chiesa o di un guaritore tradizionale. E ancora, in "vita quotidiana", terzo posto della sezione "storie", la comunità «Isola della Salvezza» ( tinyurl.com/h7th8zn ) vista dall'italiano Francesco Comello: silenziosa e nascosta tra Mosca e Yaroslav, fondata subito dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica da un prete ortodosso, è un centro spirituale, educativo e culturale che ospita 300 ragazzi e ragazze socialmente emarginati.
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