Tutti speravano che non accadesse più, ma , invece, l'ottovolante dei prezzi agricoli ha ripreso a correre. Stando alle analisi delle organizzazioni agricole, infatti, degli ultimi dati Istat sulle quotazioni emerge ad aprile un tracollo del 3,3% dei prezzi del comparto praticati alla produzione. Un brutto segno, da valutare però con attenzione.
Il taglio è stato rilevato rispetto all'andamento delle quotazioni del primo trimestre dell'anno e viene letto dagli osservatori come «una preoccupante inversione di tendenza». Anche perché, intanto, continuano ad aumentare i costi di produzione a partire da quelli energetici e della mangimistica con gravi difficoltà soprattutto per l'attività di allevamento. Secondo la Cia-Confederazione italiana agricoltori, solo nel primo trimestre 2011, gli imprenditori del settore hanno dovuto «sborsare» il 12,6% in più per energia e lubrificanti, il 13,1% in più per i mangimi e il 14,6% per i concimi. La diminuzione delle quotazioni, sarebbe stata determinata, in particolare, dalla caduta dei prezzi delle coltivazioni vegetali, che in media hanno ceduto il 7,9%. Una tendenza al peggioramento di cui già l'Istat " ha fatto notare Confagricoltura " ha evidenziato i segnali. A marzo su febbraio mentre i prezzi dei prodotti acquistati sono aumentati dello 0,5% quelli dei prodotti venduti sono diminuiti dello 0,7%.
In effetti, il vero problema non è tanto nella diminuzione dei prezzi di vendita, quanto nell'andamento schizofrenico delle quotazioni. «L'andamento delle quotazioni dei prodotti agricoli " ha sottolineato Coldiretti " è sempre più fortemente condizionato dai movimenti di capitale che si spostano con facilità dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l'oro fino alle materie prime come grano, mais e soia dove hanno provocato una insostenibile volatilità dei prezzi che mette a rischio le coltivazioni e l'allevamento in molti Paesi». Secondo questa organizzazione agricola, anzi, l'altalena dei prezzi è l'effetto delle speculazioni che «hanno bruciato nel mondo centinaia di miliardi solo per il grano».
Che fare? Per i coltivatori la ricetta è semplice quanto di difficile applicazione. È necessario garantire la stabilità dei prezzi in un mercato a domanda rigida come quello alimentare. Si tratta addirittura di un «obiettivo di interesse pubblico» che andrebbe perseguito l'introduzione di interventi di mercato innovativi nell'ambito della riforma di mercato della politica agricola comune alla qualche l'Ue sta lavorando.
Percorso certamente difficile, ma che in qualche modo deve essere fatto. Anche perché, come fa rilevare Confagri, «i ricavi delle imprese agricole da anni sono compressi tra un progressivo aumento dei costi di produzione e prezzi all'origine non remunerativi. Mentre tra alti e bassi in 5 anni i redditi degli agricoltori europei sono aumentati dell'11%, in Italia sono scesi di oltre il 16%».
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