Nel 2010 i prezzi agricoli sono saliti. Il dato ormai è ufficiale e certificato dall'Ismea, l'Istituto che si occupa proprio del monitoraggio costante delle evoluzioni dei mercati agricoli italiani. Stando alle rilevazioni, l'aumento registrato è stato pari al 3,7% e corrisponde ad un traguardo, viene sottolineato, «tra i più elevati nel decennio». Anche se il reale andamento dell'intero anno è stato ben diverso. A guardare dentro ai dati, si scopre infatti che il buon risultato finale è dovuto prevalentemente alla dinamica sostenuta dei prezzi dell'ultimo trimestre. E non solo, perché la situazione risulta essere ben diversa a seconda dei prodotti e dei comparti presi in considerazione.
Così, per i cereali è stato fatto segnare un aumento del 10,2% (composto però da cifre agli estremi opposti, con il mais balzato in avanti del 28,6% e il grano duro spinto indietro del 9,8, senza parlare del riso che ha subito un sonore - 23,5%). Per il latte e i derivati, invece, la crescita è stata del +10%; mentre gli ortaggi hanno perso l'1,2% e le colture industriali il 3,2%. I prezzi della frutta e dei vini sono apparsi, invece, mediamente allineati ai livelli 2009. Pressoché stabili anche le quotazioni del bestiame vivo, salvo i polli e i conigli che hanno perso qualche punto percentuale.
Ciò nonostante, come ormai è noto, l'agricoltura italiana nei passati 12 mesi non ha vissuto un periodo splendido. Colpa della scarsa competitività della struttura produttiva, dei costi di produzione comunque troppo alti, del ruolo di minoranza che il comparto ha rispetto all'industria di trasformazione e alla distribuzione. Certo, non sono mancati esempi d'eccellenza che fanno ben sperare. Basta pensare alla prestazione da record di Grana Padano e Parmigiano Reggiano in Cina che hanno registrato una crescita delle vendite pari al +318%, nonostante la tradizionale opposizione al consumo di prodotti lattiero caseari da parte dei cittadini asiatici. Un balzo in avanti che ha fatto totalizzare un fatturato estero pari a 1,6 miliardi di euro per l'intero comparto lattiero- caseario (il 40% dei quali dovuto proprio a Parmigiano e Grana). E non basta, perché " da una analisi della Coldiretti su dati Istat relativi al commercio estero dei primi 10 mesi del 2010 " emerge che la crescita dei formaggi italiani è sensibile, con un aumento del 13%, sia sui mercati comunitari dove si realizza il 70% del valore dell'export che su quello statunitense (+ 11%) ma andamenti importanti si registrano sui nuovi mercati come la Cina e lndia.
Eppure lo spazio per migliorare è ancora ampio. Molta, per esempio, è ancora la strada che si può percorrere per quanto riguarda i consumi che non stanno certo avendo andamenti incoraggianti. Nel futuro dell'agricoltura e dell'agroalimentare italiani, entrano quindi con forza elementi come l'informazione adeguata al consumatore, l'educazione alimentare nelle scuole e la necessità di una più forte coesione di strategie commerciali e di marketing.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: