«Cara Maria Romana», scriveva mio padre, dovrei rispondere alla tua lettera scherzosa con una noterella umoristica, ma i tempi sono tristi e io sono solo con i miei pensieri malinconici. Ieri fui a Castel Gandolfo. Pioveva a dirotto e si passò la giornata accanto alla radio, emissaria di novelle brutte. Scesi un po' nel giardino con l'ombrello teso e, stando nascosto dietro un leccio, vidi la figura bianca del papa che passeggiava, andando e venendo come un automa, sotto una tettoia a ciò costruita. Sembrava il fantasma della pace confinato solo in quello spazio ristretto, mentre fuori diluviava fra tuoni e lampi. Il mondo è così e bisogna avere molta fede nella forza dello spirito per non dubitare
della sorte umana... voi non badate allo scenario esterno, ma attingete alle fonti giovanili del vostro io interiore. Siate quindi festose anche per noi che invecchiamo. La Provvidenza accoglie la gioia della vita».
La guerra aveva sconvolto l'Europa e parte del mondo e una difficile pace veniva offerta dai vincitori al nostro paese. Nostro padre assunse grandi responsabilità di governo ma con noi restò l'affettuoso papà di sempre, attento ai nostri studi, preoccupato dalla nostra salute, come in questa lettera del febbraio 1948 scritta alla figlia più piccola pur in mezzo alla più pesante campagna elettorale del dopo-guerra.
«Cara Paola, inutile aprire la radio; non mi sentirai perché durante le elezioni, nessun oratore avrà il privilegio, nemmeno tuo padre, che molta gente bramerebbe non si sentisse più. Ma papà parlerà e molti lo sentiranno in tutte le città perché ha il dovere di parlare e di dire la verità, anche se a tutti non piacerà. Tu penserai a me, e quando annunzieranno un mio discorso, pregherai il Buon-Dio che mi aiuti a parlare bene, così ci sentiremo lo stesso attraverso l'onnipresenza di Dio. Bada alla tua salute, che tira la tramontana che fa intirizzire i fiori e sta allegra.» Forse ascoltando De Gasperi nei suoi discorsi politici non si immagina questa tenerezza né la sua pena quando mancavano le risorse per il mondo dei più poveri. Ricordo il suo pianto davanti a Matera e la sua ribellione davanti a tanta ingiustizia. Egli aveva saputo conservare anche nella posizione di presidente del Consiglio la sofferenza di non poter migliorare la vita di tutti, e la fatica personale per raggiungere la serenità di un futuro, offrendo agli uomini d'Europa il sogno di una patria più grande.
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