Gesù si ferma. Ha il volto segnato da qualcosa di impetuoso che si fa gentile nel disegno delle sopracciglia, due lunghi archi sugli occhi grandi. La fronte regolare. Il naso ha la linea sottile, forte. La barba copre tutto il mento e l'ovale regolare del viso assume una forma più allungata. Gli occhi lo stesso colore scuro e venato di quelli del cugino. «Cosa cercate?» dice solo ai due che sono giunti vicini, trafelati con la timidezza sfrontata dei poveri o dei ragazzi. «Maestro, dove abiti?». Lui accenna un sorriso, rapido, semplice, come di uno che torna dal lavoro e trova due amici per andare a bere qualcosa. «Venite, vedrete». I due si incamminano con lui. Lo guardano in viso di sottecchi, non parlano. Ha solo chiesto i nomi. Poi avvolto da una nube di pensieri cammina alzando occhiate di rado. Dev'essere anche lui un uomo che conosce il deserto. Di là è tornato con un uragano nello sguardo che diventa ogni tanto luce viva di sorriso. Che ora è nei celesti cieli indiani, che ora nelle nuvole sulle immense piramidi? Che nube passa sulle fronti dei giovani iniziati di Atene, nelle pupille lunari della sibilla di Cuma? Che ora trascorre davanti agli occhi ciechi delle statue di Cesare? Qui non lontano da uno sperduto argine di fiume sono: le quattro di pomeriggio.
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