Il barcone a motore filava lento, massimo al trotto; era scoperto sotto il bel sole forte ma non cocente, del mar Baltico e trasportava una decina di artisti e poeti, prevalentemente dell'Europa del nord. Un inglese, appena turistico, tenta di supplire il dono delle lingue dello Spirito Santo. Scambio una foca in mare per un uomo abbronzato da salvare, poi i due blu del cielo e dell'acqua sembrano infiniti. L'isoletta dove attracchiamo, quasi senza averla vista, è grande non più della piazza del duomo di Milano. Vi è un solo albero con poche foglie e da una pietra sgocciola, come una tortura, l'unica acqua non salata. Due o tre muriccioli di pietra, semicrollati, sono tutto quello che c'è. La ragazza che viene verso di noi, sembra un'apparizione e il vento che dà contro la sua veste, la fa sembrare una Nike di Samotracia. È la moglie del giovane pastore protestante, che è fuori in barca a remi, perché vivono della loro pesca. I resti sono quelli di una chiesetta francescana, nata chissà come proprio lì. Ci offre un sorso d'acqua. È bionda, con gli occhi come l'onda e una piccola croce le pende al collo, da una cordicella fatta con il filo della lenza. Sono i due guardiani del faro che non c'è. Sono lì, in povertà e amore, a presidiare un ramoscello della fede di Francesco, che da secoli dà luce ai più svariati naviganti.
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