Negli ultimi tempi (ma questi tempi risalgono ormai a parecchi anni fa) gli insegnanti di scuola media superiore sono stressati, sofferenti, scoraggiati e dubbiosi come mai prima. Si direbbe che siano ammalati di scuola. Parlando con un’amica insegnante, ne ho avuto un’ulteriore conferma. L’atto di insegnare, o se preferite il processo educativo o la “prassi didattica”, sono assediati da più parti. Al primo posto c’è l’ingovernabile, indomabile, ininterrotta brama informatico-social degli alunni. Entrando in classe devono depositare i loro cellulari su un tavolo vicino alla cattedra; ma se escono dall’aula è riconosciuto loro il “diritto” (questa è la regola) di riprendersi il loro aggeggio. Ma chiedono il permesso di andare al gabinetto soprattutto per passare una buona decina di minuti felici con la loro inseparabile macchinetta, senza la quale, per loro, a quanto pare “la vita non è vita”. Al secondo posto fra gli ostacoli al “fare scuola” ci sono i genitori degli alunni, nella cui mentalità ora c’è soprattutto la difesa a oltranza di ogni fragilità, vulnerabilità, suscettibilità e idiosincrasia dei loro figli: i quali non sopportano la fatica di dedicare l’attenzione necessaria allo studio, alla lettura, alla scrittura, alla memorizzazione di nozioni tanto elementari quanto necessarie. Un ulteriore ostacolo sembra che siano i cari colleghi insegnanti (una vecchia storia), burocraticamente ansiosi ma spesso caratterialmente poco adatti al lavoro di insegnanti, che richiede intuitività, immaginazione, capacità comunicativa e una certa creatività culturale. In un recente convegno di insegnanti (mi dice la mia amica), su sette relazioni cinque sono state dedicate alla politica, una all’eros, e solo una all’etica. Parlare di politica è una nostra mania nazionale, fatta apposta per darsi importanza ripetendo all’infinito argomenti da talk-show televisivi. L’eros come necessario all’insegnamento credo che sia una brillante idea dovuta a pensatori bestselleristi del calibro di Umberto Galimberti e Massimo Recalcati. Mi chiedo perché agli insegnanti non sia venuto in mente più spesso che, senza etica, l’eros e la politica fanno molti più guai. Aggiungerei che senza etica fanno guai anche la conoscenza, la scienza, la tecnologia, le arti e qualunque altra attività umana. Ma che cos’è l’etica se non l’autocontrollo e la comprensione, il rispetto degli altri e della verità? Le leggi, le regole, i regolamenti sono lettera morta o peggio senza individui dotati di sensibilità e di ispirazione morale. Non dovrebbe essere proprio questa la prima cosa da imparare e da insegnare?
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