Nel momento più duro vissuto in tutto il continente a causa del coronavirus, i giovani sono stati «l'anima danzante» delle società europee. Per questo, nell'elaborare e portare a termine il Recovery Fund che la Commissione di Bruxelles ha proposto, non bisogna assolutamente dimenticare lo «spirito» con il quale le nuove generazioni hanno dato il loro contributo durante l'emergenza, «chi nel volontariato, chi nell'assistenza o nell'accompagnare la vita delle loro famiglie e delle loro comunità».
L'idea e le frasi citate appartengono a David Sassoli, presidente dell'Europarlamento, che venerdì scorso, in un dialogo a distanza con la gioventù dei 27 Paesi membri, ha chiuso la settimana finale dell'Eye, l'European youth event, tradizionale appuntamento di fine maggio nel quale l'Assemblea di Strasburgo consente a diverse migliaia di ragazzi e ragazze di incontrare la più "democratica" fra le istituzioni dell'Unione, quella scelta direttamente dai cittadini della Ue.
Quest'anno il Covid-19 ha reso impossibile la presenza fisica negli emicicli comunitari. Perciò l'avvenimento si è sviluppato via Internet, coinvolgendo alcune alte cariche, compresa la presidente della Banca centrale Christine Lagarde. Da ultimo, Sassoli ha risposto per quasi un'ora alle domande pervenute online. Trovando infine l'immagine felice dei "danzatori" sulla pandemia, che «hanno saputo dare brillantezza a un periodo molto difficile» e che li deve rendere orgogliosi.
Ma al tempo stesso, e proprio per questo, l'Europa che vuole voltare pagina deve stare bene attenta a ricavare dall'esempio dei suoi giovani la lezione per uscire "in avanti" dalla più grave crisi economico-sociale del dopoguerra. In tono semplice e senza retorica, il numero uno degli europarlamentari ha indicato all'esecutivo e ai governi dell'Unione il criterio principale con cui si dovrà dare attuazione al grande piano di rilancio: nelle sue parole, «lo sguardo va rivolto sulla qualità della vita dei giovani».
Il fatto di averlo chiamato "Next generation fund", con riferimento alla prossima leva di cittadini, sembra rassicurante. Purché poi in concreto non si cominci a parlare di tagli o di ridimensionamenti a spese per cultura, ricerca, istruzione (a cominciare da Erasmus). Tanto meno si può immaginare di compiere passi indietro sulla rete di tutele sociali che il nostro continente vanta e che, a differenza ad esempio degli Stati Uniti, ha retto all'urto della pandemia. A tranquillizzare Sassoli è piuttosto la scelta già compiuta di lasciare la parola finale proprio al voto degli eurodeputati, che sono pronti, ha promesso, "ad esercitare fino in fondo le loro prerogative".
L'idea dell'«anima danzante» che dà slancio alla ripresa della costruzione europea si presta dunque a infondere anche una giusta dose di ottimismo per il futuro, all'insegna di più collaborazione e maggiore fiducia reciproca, nonostante antiche recriminazioni e nuovi sospetti. Se nessuna rivoluzione, insegnava Mao, è «un pranzo di gala», neanche fare davvero l'Europa sarà una passeggiata. Ma potrebbe, questo sì, finire per somigliare a una "Danse", come quella del celebre grande dipinto di Henri Matisse, dove cinque personaggi danzano in maniera vorticosa ma armonica, in uno sforzo continuo di aiuto reciproco per mantenersi uniti, anche quando uno o due di essi sembra perdere l'equilibrio e cadere.
Come spiegava l'autore 110 anni fa, nella sua pittura ogni elemento, "il posto occupato dalle figure o dagli oggetti, gli spazi vuoti attorno ad essi, le proporzioni, tutto ha una parte da sostenere". Così, in fondo, dovrebbe essere una Unione di Stati: diversi e giustamente fieri di esserlo, ma uniti e dove nessuno, ha ricordato Sassoli, si sente migliore degli altri.
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