Roland Hettner era stato giovane assistente pittore alla Bauhaus. Aveva sposato una donna ebrea dalla quale ha avuto il figlio Floriano, di cui divenni amico. Pur volendosi separare da lei, si trasferirono preventivamente in Italia, salvandole la vita. Ne ho curata una mostra. Si trattava di ostici dipinti, che ritraevano sempre e solo gruppi di cani: mangianti, allegri, rabbiosi e sbrananti. Lo ricordo volentieri in questi giorni. Il mio piccolo pianoterra, dove risiedo, è lambito da ben tre cani, che calpestano però altre proprietà. Il primo, dalla voce potente e tenorile, è un massiccio lupo nero che si chiama Bagheera, come la pantera di Kipling. Il secondo è un piccoletto, dall'abbaiare esile e lacrimoso, portando il nome di Jago, giusto per ricordare il quattrocentesimo dalla morte di Shakespeare. Del terzo non conosco il nome ma solo il tono da mezzo soprano. Sono divisi tra loro da reti, ma si uniscono acusticamente nel mio orecchio. Sembra una strampalata opera lirica, ricca di dialoghi e di terzetti. Contrariamente a quanto avrei pensato, il grosso, rombante cagnone è femmina, il minuscolo e tremolante è maschio, circa il terzo non sono informato. Si tratta dell'icona di un rumoroso trittico bizzarro, forse corrispettivo di una stabile canina famiglia.
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