L'agricoltura come «campo di sperimentazione» delle tecnologie più avanzate in fatto di digitalizzazione della produzione. Traguardo di non poco conto che non significa l'abbandono della terra quale principale strumento di produzione, ma, anzi, il miglioramento dell'uso della stessa oltre che dell'ambiente in generale. Traguardo ambizioso nelle mire di molti, che potrebbe essere più facilmente raggiunto con l'accordo sottoscritto da Tim e Confagricoltura e finalizzato allo sviluppo di quella che è già stata indicata come "smart agriculture". Il progetto si chiama Agritech Innovation Hub e intende sostenere gli imprenditori agricoli nella ripresa economica, tecnologica e sociale nel periodo post-Covid, mettendo a loro disposizione soluzioni e piattaforme innovative. Tre le componenti principali dell'iniziativa: una Fondazione con soggetti interessati all'applicazione di tecnologie innovative nel mondo agricolo, un Advisory Hub, costituito da una società di consulenza del settore, un Industrial Hub con il compito di realizzare e proporre offerte e prodotti innovativi, scalabili ed economicamente accessibili per l'intera rete di imprenditori agricoli.
Certo, lo schema teorico dovrà essere messo in pratica. Ma i temi da affrontare ci sono già tutti. L'idea di agricoltura smart è basata sulla diffusione del 5G e dell'internet delle cose (Internet of Things), e quindi più concretamente, ad esempio, sulla diffusione dell'uso di sensori da campo per la misurazione e il controllo di parametri colturali diversi, di "collari" applicati al bestiame che permettono di acquisire in continuo i parametri biometrici dei capi a dimora nelle stalle o allevati all'aperto. Senza dire di droni, sensori multispettrali e sistemi di geolocalizzazione Gps che forniscono informazioni utili per la compatibilità ambientale delle coltivazioni. L'intesa Tim-Confagricoltura prevede anche il programma "Operazione Risorgimento Digitale" che dovrà diffondere la cultura digitale nel Paese includendo ovviamente anche gli imprenditori agricoli.
Fantagricoltura? Certamente no. A patto che tutto sia realizzabile tenendo conto delle particolari condizioni nelle quali si svolgono da sempre la produzione agricola vegetale e animale, condizioni che complicano la vita agli imprenditori del settore, ma che costituiscono anche la base per l'originalità e la qualità dei prodotti agroalimentari.
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