mercoledì 8 agosto 2018
Israele non ha tradizione marinara ed è turbato di fronte all'immensità delle acque. Quale sarà allora la fonte dalla quale viene la valutazione positiva del mare che l'autore sacro ha inserito nel primo racconto di creazione (Gen 1,10)? Certamente la tradizione eucologica del popolo eletto (cioè i modi e i contenuti della sua preghiera, strettamente legati alla fede) sta alla base del giudizio favorevole espresso a riguardo del mare. Nel salmo 146,6 a proposito di Dio si legge: «Ha fatto il cielo e la terra, il mare e quanto contiene». In realtà la produzione del mare da parte di Dio non è presentata dal salmo come azione conclusa, bensì come un'opera in corso. Infatti la forma verbale non è il perfetto, ma un participio (oseh). Il verbo in questione è estremamente concreto, implica una vera attività manuale. La mano di Dio è ancora attiva nel mare. Bene! Ma che carattere ha l'architetto artigiano, il creativo pratico che lavora nel cantiere ancora aperto che è il mare? Il salmo dal quale stiamo traendo spunto dice di Dio che è fedele, cioè offre sé stesso perché ci si possa appoggiare, per sempre. Dice anche che Dio è benefico verso le più diverse categorie di bisognosi. Se il mare è opera sua non può che essere riflesso della sua bontà.
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