Si conclude oggi la rubrica “Dentro la bellezza” di Gloria Riva. I lettori però potranno ritrovare la sua firma dal mese di gennaio in calce alla nuova rubrica di Luoghi dell'Infinito “Nel segno dei dodici”
Non si trova una sola tilma in tutto il Messico. Questa sorta di poncho, costituito da due teli di ayate (un rozzo tessuto di fibre d'agave, usato dagli indios per fabbricare abiti), è fragilissimo e si deteriora rapidamente. Eppure la tilma di Juan Diego resiste da quasi 500 anni e ospita una delle immagini acheropite più famose del mondo. La vicenda è nota: Juan Diego, umile indio della terra azteca, incontra una giovane Signora dalla quale è ripetutamente inviato dal vescovo con la preghiera di costruire una cappella in quel luogo. Il vescovo non prende sul serio la richiesta fino a che Juan Diego gli porta, in pieno inverno, un mazzo di rose bianche raccolte nella tilma. Quando le rose rovesciano a terra, sul tessuto di ayate compare l'immagine della Vergine di Guadalupe. In 143 centimetri di altezza si condensano i misteri più impenetrabili, studiati con i mezzi più potenti che il mondo contemporaneo ha a disposizione.
La donna che appare è incinta, sul suo manto reca impressa le costellazioni del cielo di quel 12 dicembre del 1531; sull'abito si legge la mappa dei vulcani, ritenuti “divini” dagli Indios, essi s'inchinano verso un piccolo fiore a quattro petali collocato sul ventre, il Nahui Ollin, che nell'antica scrittura pittografica rappresentava la presenza di Dio. Non solo, considerando le stelle come note si compone la stessa musica celestiale avvertita da Juan Diego nel corso delle apparizioni. Insomma questa Madre di Dio, regina per il diadema e serva per la postura del volto, cerca casa fra gli uomini e ci guarda. Da sempre i messicani di ogni ceto sociale, e persino di ogni credo, hanno creduto di essere protetti da questo sguardo, ma anche noi, oggi, sappiamo di non potergli restare indifferenti. Negli otto millimetri di occhi di questa Vergine (da molti ancora oggi ritenuta dipinta) si vede ciò che faticosamente si potrebbe vedere da una reale fotografia. Nel 1979 l'ingegnere peruviano José Aste Tonsmann, esperto di elaborazione elettronica delle immagini, operava la scansione e l'ingrandimento degli occhi di Maria fino a 2.500 volte scoprendo in essi delle figure riconoscibili: la presenza di un indio seduto, di un vescovo con la tonsura (Juan de Zumárraga, dei frati minori), di un uomo più giovane accanto al prelato (l'interprete) e, sorprendentemente, di una famiglia dai tratti africani. Non c'erano schiavi africani in tutto il Messico nel 1531, tranne che nell'arcivescovado di Zumárraga. Ma l'ultima grande scoperta, opportunamente tenuta in sordina dai mezzi d'informazione dal primo stato ateo del mondo, è stata la “visita medica” fatta alla tilma di Juan Diego: la temperatura resta costante, 36,6 gradi centigradi, la stessa di una persona viva. Collocato lo stetoscopio all'altezza del grembo di Maria si rilevarono battiti con 115 pulsazioni al minuto, come per un bebè nel ventre materno. La Guadalupe diventa così la patrona dei bambini soppressi nel grembo materno, una delle sfide sulle quali si giocherà il futuro della nostra umanità. Benché si registri un calo nell'attività abortistica in Italia si tratta sempre di un numero altissimo: 85mila aborti nel 2016. Mi sorprendo a guardare la Madonna di Guadalupe e penso ai suoi occhi vivi. Tra le tante riflessioni sul Natale si possa considerare questa: ogni bimbo che viene al mondo è un Natale per l'umanità. Forse tra i bimbi che stanno per nascere c'è chi Dio ha destinato a vincere le tante sfide del presente. Accordiamogli il permesso di vivere e mettiamolo sotto la protezione della Vergine Maria di Guadalupe.