Insieme con i sommi capolavori di Bach e Händel, c'erano anche le opere di Carl Heinrich Graun (1703/4-1759) tra quelle che il barone Gottfried van Swieten faceva ascoltare, studiare e suonare ai vari compositori " tra i quali anche Haydn, Mozart e Beethoven " che animavano gli intrattenimenti musicali patrocinati dal nobile mecenate nel suo salotto viennese. È questo un dato significativo che la dice lunga sulla stima e considerazione di cui Graun godette a cavallo tra XVIII e XIX secolo, soprattutto in virtù della pregevole fattura di alcune opere sacre " in modo particolare cantate, oratori e passioni " sopra le quali l'artista sassone ha gettato le basi per una brillante carriera professionale.
Non nuovo ad operazioni di riscoperta e valorizzazione dello sterminato repertorio religioso fiorito nelle terre di Germania in epoca barocca e classica, il direttore Hermann Max ha questa volta concentrato i suoi sforzi esecutivi sulla Passione Kommt her und schaut («Vieni qui e vedi»), conosciuta anche come Grosse Passion a motivo delle sue imponenti dimensioni (cd pubblicato da Cpo e distribuito da Sound and Music): oltre due ore di musica scandite da sessantasei numeri tra recitativi, arie, duetti e corali, in cui sequenze di brani evangelici si intervallano a citazioni tratte dall'Antico Testamento, stralci di Lettere paoline e riflessioni letterarie di carattere devozionale e penitenziale.
Max pennella con mordente il proprio pensiero interpretativo, traducendo in pura e viva espressività la ricca tavolozza timbrica e sonora richiesta dalla partitura di Graun; dignitoso il quartetto di voci soliste, discreto l'apporto fornito dall'ensemble vocale Reinische Kantorei, eccellente la formazione orchestrale Das Kleine Konzert, mai avara di preziosi solismi di chiara impronta cameristica, in grado di incorniciare il rapporto canto-strumento con esiti davvero illuminanti. Un'opera in bilico fra tradizione e rinnovamento, che tratteggia affreschi fiammeggianti laddove le tinte risultano velatamente tragiche o elegiache, maggiormente inclini alla teatralità che al puro dramma evocato dalla vicende della morte in croce di Gesù; l'ennesima testimonianza dell'inesauribile vena creativa della civiltà musicale tedesca settecentesca.
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