Due giovani mamme con i loro passeggini, un bel pomeriggio di primavera. Non ne incontri tante, a quota 1.3 nati per donna. Paolo Sorrentino fa stupire il suo Young Pope di fronte allo spettacolo di una ragazza che un minuto dopo il parto si trasforma in una madre.
Strabiliante metamorfosi, in effetti. Lo spostamento istantaneo e definitivo del baricentro fuori di te - io appena "cesarizzata" che in clinica, tra il panico delle infermiere, arrancavo fino alla nursery per ricongiungermi a quel pezzo di me.
Una ragazza che diventa mamma ha bisogno anzitutto di gratitudine. Serve anche molto altro: lavoro, investimenti per la famiglia (siamo ultimi in Europa con il 2 per cento del Pil), servizi (solo 3 bambini su 100 trovano posto nei nidi).
Ma niente può sostituire la potenza dello sguardo grato: ragazza, hai rinnovato il miracolo. Ragazza, sei la Regina Mundi. E invece la teniamo ai margini, fastidiosa polvere negli ingranaggi. E invece la penalizziamo, la licenziamo, la lasciamo sola, ce la scrolliamo di dosso.
Capita che vada male. Capita anche Medea. Ma la vera notizia è che quasi sempre va bene, o meglio "sufficientemente" bene, come diceva Donald Winnicott, grande pediatra e psicoanalista inglese, liberandoci dall'ansia di perfezione. Che non ci sia anche questa ansia a fare ostacolo?
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