C'è sempre almeno un buon motivo per riflettere su come è la Rete e su come dovrebbe essere, e su quali preoccupazioni dovrebbero avere in proposito i cristiani per rendere più feconda la loro testimonianza digitale. Mi colpiscono ad esempio alcuni commenti inaspettatamente (per me) aspri piovuti sul profilo social personale del pastore metodista Peter Ciaccio ( tinyurl.com/y3kxx7vs ), da parte di membri di altre Chiese protestanti, a proposito delle azioni di Carola Rackete.
In casi come questi il "mal comune" (essere divisi tra membri attivi della stessa comunità ecclesiale su una questione umanitaria) mi raddoppia la sofferenza anziché offrirmi il proverbiale "mezzo gaudio". Dunque ben venga il post che padre Francesco Occhetta ha pubblicato sul suo blog L'umano nella città ( tinyurl.com/y3fp4ke8'' target='_blank'>tinyurl.com/y3fp4ke8' target='_blank'>https://tinyurl.com/y3fp4ke8 ) ricamando sul messaggio di papa Francesco per l'ultima Giornata delle comunicazioni sociali e citando la Carta di Assisi, il "manifesto internazionale contro i muri mediatici" sottoscritto lo scorso marzo anche dalla Santa Sede e dalla Federazione delle Chiese evangeliche.
In quel documento si dice: «Se male utilizzate, le parole possono ferire e uccidere. Ridiamo il primato alla coscienza: cancelliamo la violenza dai nostri siti e blog, denunciamo gli squadristi da tastiera e impegniamoci a sanare i conflitti». Padre Occhetta, esplorando il concetto di "community", aggiunge che «in Rete grano e zizzania crescono insieme ma la sfida è far crescere il grano per non restare soffocati dalla zizzania»; e mentre richiama l'urgenza di «una governance internazionale che protegga i più deboli e controlli chi, attraverso le echo-chamber (la camera dell'eco) deforma informazioni, idee, fatti e credenze», addita il ruolo della comunità ecclesiale: «Quante parrocchie educano a stare responsabilmente nella community?». Perché "ogni mia parola pronunciata in una community, oltre a rimanere per sempre, deve essere pensata per costruire il bene e condividere lo stesso umano destino".
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