Se in questi giorni si lanciano su Facebook e gli altri social network gli hashtag #estateragazzi, #grest, #oratorioestivo e simili, si riscontra una vera esplosione di post di diocesi, parrocchie e oratori. È la documentazione quotidiana, con più o meno brevi gallerie fotografiche, del servizio che le comunità cristiane stanno offrendo alle famiglie anche in questo inizio estate, reso particolarmente dolce dall'allentarsi della pandemia. Ci sono anche siti appositi, o pagine e video sui siti delle pastorali giovanili, ad affiancare – quando non a sostituire – gli antichi e gloriosi sussidi che venivano predisposti per gli animatori. Non mancano neppure i preti che, sui loro profili personali, scherzano sul grado di stress che iniziative come queste possono indurre nei pur generosi pastori. In questa prospettiva ho letto con piacere il post «Lo sventurato rispose... e ora tocca a te» che Marco Pappalardo, su "Vino Nuovo" ( bit.ly/3gFWBVO ), ha dedicato a quella che potremmo chiamare la "spiritualità dell'animatore". All'inizio l'autore si rivede quindicenne, prima recalcitrante a dare una mano in oratorio per le attività estive, e poi (a settembre) disposto a sottoporsi alle attività formative. Oggi è egli stesso formatore, e ha imparato «che le attività estive sono più per gli animatori che per i piccoli, così il prima, durante e dopo devono essere organizzati bene, e ancor meglio "pregati" con grande intensità». Perché il formatore è anche colui che sa che «a 14 e 15 anni ci sono cuori che battono già per il bene degli altri, c'è ottima stoffa, e tu sei di nuovo chiamato a essere il sarto, non per vanagloria, ma per farne un abito per Dio». E poi, «c'è qualcosa di magico che scatta d'estate in oratorio, che mi stupisce sempre e mi commuove dopo tanti anni»: sono i ragazzi che si identificano con gli animatori, e magari, pochi anni dopo, tornano per offrire il loro impegno per I più piccoli. «Tu getti un seme, altri raccoglieranno, normalmente è così».
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