Gli infermieri del Cinquecento e le domande su Gesù ammalato
mercoledì 8 aprile 2020
Ma Gesù ha mai avuto un virus? È stato un bambino, ovviamente, a rivolgere, su WhatsApp, questa domanda a un prete. Lo riferisce Piotr Zygulski nella quinta e penultima puntata del reportage che sta dedicando, su “Settimananews” ( bit.ly/3c2KLjs ), alla «Chiesa che cambia» ai tempi del Coronavirus. Leggendola mi è tornato in mente l’ampio post che Lucia Graziano ha dedicato il 3 aprile scorso, sul suo blog “Una penna spuntata” ( bit.ly/3aRzF0n ), alla componente vocazionale insita nella professione di infermiere sin dalla nascita, all’inizio dell’età moderna. Sgombrando il campo dalla retorica, l’autrice si pone dal punto di vista storico. Il legame tra la decisione di fare l’infermiere e la vocazione religiosa è evidente sin dal fatto che l’infermiere cambiava vita, andando vivere nell’ospedale come fosse un monastero; che non percepiva compensi anzi talora portava in dote i propri beni (in cambio l’ospedale l’avrebbe assistito nella vecchiaia); che erano labili tanto le distinzioni tra pazienti, infermieri e semplici ospiti, quanto quelle interne alle varie forme di assistenza ai malati (ma ancora oggi non sempre distinguiamo a prima vista l’infermiere professionale dall’operatore sociosanitario). La regola di vita era «molto più elastica rispetto a quella dei religiosi… ma molto più rigida rispetto a quella dei laici», anche rispetto alle pratiche religiose (preghiera, confessione, messa); in particolare, le infermiere erano praticamente in clausura, oltre che vestite in modo assai simile alle suore. La stessa cerimonia d’investitura aveva un carattere rituale, compresa la vestizione. È evidente che si trattava di donne e uomini che con quella scelta vocazionale sapevano di incontrare Gesù. E dunque essi ci dicono come rispondere, oggi, alla domanda semplice di quel bambino (così simile a quelle complesse che ci facciamo ogni volta che per guerre, genocidi, terremoti o malattie degli innocenti muoiono a migliaia): sì, Gesù ha avuto un virus; e ogni giorno è ricoverato in terapia intensiva.
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