La prima ragione per cui a volte non trovo facile intendermi con intellettuali e scrittori molto più giovani di me, è che per loro letteratura e politica sono iniziate nel 1990, mentre per me iniziarono più o meno trent'anni prima. Spesso perfino il significato di certe parole non è del tutto lo stesso: termini come critica, avanguardia, teoria, alternativa e opposizione politica, cultura e tecnica non hanno più lo stesso contenuto. C'è poi l'avvento di quello che potremmo chiamare “presentismo”, dominio del presente che tende a cancellare la memoria del passato, il senso storico e perfino, d'altra parte, l'idea che il futuro possa essere diverso da quanto viviamo e vediamo oggi. Un'affermazione come quella secondo cui «solo il presente esiste» mentre passato e futuro sono solo fantasmi mentali, è un'affermazione che può portare sia a una intensificazione del senso morale che a un incremento del cinismo. È vero che la vita è oggi e qui, e che sia l'adempimento dei doveri, sia la ricerca della libertà e felicità diventano irreali se è il futuro che se ne impadronisce. Su questo, anche il cristiano Kierkegaard e l'anticristiano Nietzsche la pensavano allo stesso modo. Il declino culturale dovuto al declino del libro e della lettura come mediatori di sapere e mezzi per la costruzione della coscienza, ha effetti sulla vita sociale e su quella politica. La velocizzazione degli atti comunicativi accorcia o perfino annulla i tempi della riflessione. Pensare al passato diventa quasi innaturale. Queste improvvisate e un po' ovvie considerazioni le devo a quanto scrive lo storico americano Eric Foner nella sua Storia degli Stati Uniti d'America (appena uscita da Donzelli: pagine 431, Euro 36,00), titolo originale: The Story of American Freedom. Dice Foner che da quando la loro nazione esiste gli americani «si sono definiti come un popolo investito della speciale missione di portare i benefici della libertà a tutta l'umanità e di accogliere chi fugge dall'oppressione subita in altri paesi (...) se sollecitati a scegliere tra libertà e uguaglianza, danno la precedenza alla libertà tre quarti degli americani». Eppure il clima sociale americano è dominato dalla standardizzazione dei comportamenti non meno che dall'individualismo. L'eroe americano è più ipernormale che irregolare o stravagante. Inoltre in tutta la storia americana la libertà non era liberamente disponibile per tutti proprio a causa delle disuguaglianze. A quasi un secolo dalla nascita della nazione, negli Stati Uniti esisteva la schiavitù e tuttora gli afroamericani non sono “ugualmente liberi”, nonostante la presidenza Obama. L'idea di libertà ha una sua storia sociale. In un sistema di valori fondato sulla priorità del successo economico, la libertà è soprattutto libertà di fare soldi. Sembra che la storia si sia fermata qui. È in questo senso che ora tutto l'Occidente e forse l'intero pianeta sono americanizzati.
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