sabato 18 luglio 2020
E un giorno mi chiesi, guardando la mia piccola biblioteca, cosa lasciare ai nipoti di oggi, ai loro figli, a quelli che negli anni futuri forse troveranno in qualche scritto di storia il nome del loro nonno antico? Come lo potranno immaginare nella sua vita di ogni giorno, non solo negli incontri politici di cui volendo troveranno notizie, ma nello svolgere delle ore della sua vita, per loro così lontana. Certo, pensai, non troveranno il tempo di sfogliare i vecchi volumi scritti su di lui, né di leggerne tante pagine di storia politica che per loro già sarà lontana. Mi venne in mente allora di aprire una grande scatola di fotografie sparse degli anni del ‘900 e con l’aiuto di un amico scrittore e giornalista incominciai a mettere in fila in grandi pagine le foto della famiglia di mio padre e quelle di mia madre. Altro modo non c’era una volta per dare vita ai ricordi. Ecco i vecchi zii eleganti e composti, con i baffi ben pettinati, i capelli con la riga da una parte, mentre il bastone che tenevano in mano non era un appoggio necessario, ma un tocco di eleganza. Ecco Alcide giovane con la prima cravatta, la zia con la lunga treccia e la madre che portava una spilla sull’abito scuro. Poi la laurea di Alcide con la firma dell’imperatore Francesco Giuseppe, accanto al “certificato di povertà” che in Austria si poteva ottenere per avere una riduzione delle tasse universitarie. La chiesa Minoriten Chirche aveva una parte esterna dove anche lo studente Alcide si trovava a volte in fila con chi chiedeva una minestra. Era l’inizio di una vita difficile che lo avrebbe portato per la preparazione, il coraggio, il senso della giustizia alla difesa di chi era più povero. Nella grande Aula del vecchio Parlamento dell’impero austriaco c’è ancora una piccola targa col suo nome… Un abito scuro, una camicia dal colletto alto, un paio di occhiali dalla montatura chiara avevo in mente il giorno che ebbi la fortuna di occupare per pochi minuti il suo posto di deputato del Trentino. Ed ecco finalmente le vecchie foto della nostra casa di famiglia a Sella di Valsugana. Alcide che gioca a bocce, la nonna Ida che si gode il sole, le pecore che arrivano fino alla porta di casa a brucare l’erba fresca. Dove sono la prigione, il lavoro modesto nella biblioteca del Vaticano, l’umiliazione di non poter offrire una vita più sicura alla propria famiglia? L’aria fresca scende dai boschi e si prepara il falò per la sera. Quante foto di questo fuoco che illumina la notte d’agosto, getta scintille verso le montagne tutte attorno e sembra gridare la nostra gioia alla vita, lasciando nel buio i pensieri dei giorni difficili. La legna si consuma, le fiamme lentamente si spengono e noi ritorniamo a casa con i nostri sogni. Nostro padre raccoglie le ultime piccole braci perché il vento non le porti sul prato. Come un sogno si spegne il nostro falò e andiamo a dormire. «Mi fate la foto per il ricordino?» ebbe il coraggio di chiederci uno degli ultimi giorni della sua vita mentre ci salutava dal vecchio poggiolo. E fu l’ultima.
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