All'Incontro delle famiglie di Milano nel 2012, cito quasi a memoria, Benedetto XVI disse a una bambina vietnamita: “Se devo immaginare il Paradiso, lo immagino come una delle tante semplici, felici giornate della mia infanzia. Mio fratello è un bravo musicista, ha iniziato da bambino a scrivere musica e mio padre, che suonava la lira, le metteva in musica e tutti insieme le cantavamo, spesso prima del pranzo. Non eravamo per nulla una famiglia ricca, ma l'armonia con cui ci dividevamo le poche cose che avevamo da mangiare, le risate, lo spirito che ci univa nel silenzio e nella conversazione, quando magari, nelle giornate particolarmente fortunate, alla fine c'era anche il dolce, era davvero qualcosa di celestiale. Poi nel pomeriggio passeggiavamo tutti assieme, abitavamo in una zona in cui era facile raggiungere i boschi, e il nostro dialogo e la nostra comunione continuava in mezzo allo spettacolo della natura, tra i suoi suoni, e quel senso così forte di unione che provavamo. Credo di non avere mai più provato qualcosa di così bello. Ecco, se devo pensare al Paradiso, penso che non sia qualcosa di molto diverso a quello che ho vissuto in quelle giornate, lontane nel tempo ma profondamente radicate dentro di me”. Trovai quell'affermazione disarmante e sconvolgente. Il paradiso è un giorno di grazia. Umiltà del miracolo.
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