Con il suo bel 30% di post, il discorso di Papa Francesco al Convegno della Chiesa italiana in corso a Firenze è stato, naturalmente, l'argomento preferito in questi giorni dai webmaster dell'informazione ecclesiale. Come promesso, eccomi dunque a raccontare le cose che, a leggere i loro titoli (ne ho scorsi una cinquantina), li hanno impressionati di più.I numeri dicono che sono tre, e che si sono spartite equamente l'attenzione, fermo restando che un testo così ricco di spunti (da don Camillo modello di un «umanesimo cristiano popolare», alla «medaglia spezzata» grazie alla quale riconoscere i poveri, al riferimento liturgico al sangue che il Signore ha versato «per tutti») è stato ripreso con pari ricchezza, cosicché le tre correnti principali hanno accanto una decina di vivaci rivoli.Una corrente è quella della vicinanza alla «gente» (lo dice otto volte), in particolare la più povera (di poveri e povertà parla con altrettanta frequenza) e di conseguenza della libertà dalle tentazioni della ricchezza e del potere. Un'altra corrente è quella che, con varie espressioni, ha puntato sull'idea del «cambiamento», del «nuovo» che il Papa ha proposto alla Chiesa italiana: espressioni che, alla lettera, ricorrono nel discorso una decina di volte, conferendogli evidentemente un certo sapore.La terza corrente ha ripreso l'idea di «inquietudine»: concetto, questo, molto originale, rispetto agli altri due; nel discorso torna 4 volte, e in effetti costituisce la premessa del cambiamento: se non si è inquieti non ci si dispone in nessun modo a cambiare. La Rete ecclesiale, che è un luogo già di suo piuttosto inquieto, lo ha ben colto, tant'è che, oltre che nei titoli (alla pari dei giornali, come raccontava ieri qui il mio dirimpettaio Gennari), l'espressione «Chiesa inquieta» è quasi onnipresente nei testi. Anche se nessuno, mi dicono i robot, ha ricordato che il Papa chiedeva di «santamente inquietarci» anche nella Evangelii Gaudium: proprio il documento che ha raccomandato di approfondire.
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