C'è ben poco di più affascinante di un'isola. Se poi l'isola in questione è Procida, con il vecchio borgo, le contrade e le casette colorate, il gioco è fatto. Basta aggiungere una storia d'amore e tante canzoni giuste, di quelle che smuovono ricordi e sentimenti. E visto che ci siamo perché non andare avanti e indietro nel tempo dai nostri giorni dominati dai social agli anni dell'avvento di Internet? È insomma un'operazione astuta quella di Netflix con la serie in otto episodi Generazione 56K, prodotta da Cattleya e realizzata in collaborazione con The Jackal, gruppo comico napoletano che deve le sue fortune proprio alla rete. In estrema sintesi, Generazione 56K racconta l'amicizia e l'amore prima e dopo internet sulla scorta di un'idea originale di Francesco Ebbasta (storico regista dei The Jackal), da lui scritta insieme a Costanza Durante, Laura Grimaldi e Davide Orsini. I protagonisti principali, intorno ai quali ruotano non pochi altri personaggi, sono Daniel e Matilda, interpretati da Angelo Spagnoletti e Cristina Cappelli quando i due sono adulti, Alfredo Cerrone e Azzurra Iacone quando alla fine degli anni Novanta sono compagni di scuola alle medie cresciuti, appunto, sull'isola di Procida, che si ritrovano dopo oltre vent'anni a Napoli. 56K si riferisce al modem di lentissima connessione dei tempi che furono, quello che per forza di cose era collegato al telefono di casa comportando bollette di diverse centinaia di migliaia di lire. Soprattutto se i ragazzini di allora usavano internet per scaricare immagini osé e rivenderle agli amici. Dopo di che, come naturale evoluzione, Daniel e compagni sviluppano una app di messaggi. Il contrasto epocale è la cosa più interessante di Generazione 56K. Per il resto, come detto, la serie va sulla presa facile, concedendosi anche troppe libertà nel linguaggio e nelle situazioni, compreso l'uso a sproposito di un canto sacro.
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