I tecnici lo definiscono un fenomeno dalle “dimensioni imbarazzanti”. È così in effetti è, anche se la pirateria varietale in ortofrutticoltura è qualcosa di pressoché sconosciuto ai più. Eppure, il dilagare dell’attività di coltivazione e moltiplicazione abusiva delle novità varietali, è sempre di più un problema dell’intero comparto: a rischio, infatti, è la qualità di un settore che si basa anche sui controlli delle piante messe in campo, sul loro stato sanitario e sulle caratteristiche dei frutti che vengono ottenuti. Ed è anche da queste situazioni che passa il buon nome del cosiddetto Made in Italy agroalimentare.
A conti fatti – se ne parlerà diffusamente in un incontro nel prossimo Macfrut in programma a maggio -, nonostante la quasi totalità delle nuove varietà siano oggi protette da brevetti nazionali e privative comunitarie, la produzione non controllata di piantine è arrivata ad oltrepassare un giro d’affari di oltre 20 milioni di euro all’anno. Qualcosa che, oltre ad essere “imbarazzante”, costituisce una vera minaccia per la produttività del comparto ortofrutticolo. Ma perché tutto questo? Alla base del fenomeno ci sono il mercato, i costi di coltivazione, i tempi e i costi per ottenere nuove varietà.
Lo sviluppo di una nuova varietà vegetale – viene precisato da Stefano Lugli, coordinatore del Salone del vivaismo proprio nell’ambito di Macfrut - richiede tempi lunghi e ingenti risorse finanziarie. A conti fatti, per i fruttiferi, in media, servono da 10 a 15 anni per immettere sul mercato una nuova varietà, partendo dall’incrocio. Per un progetto di breeding l’investimento può tranquillamente superare i 100mila euro. Poi ci sono i costi di protezione, quelli di certificazione genetico sanitaria e le risorse per lo sviluppo commerciale della varietà. Conti alla mano, creare e diffondere una novità può richiedere 200mila euro e oltre. Certo, ci sono le leggi e le regole di protezione dei diritti di chi costituisce nuove varietà da coltivare. Ma spesso il mercato chiede di più e più in fretta. E a costi più bassi. Un’esigenza che, tra l’altro, proprio per la frutticoltura si fa più forte dopo gli effetti del clima avverso e delle difficoltà produttive degli ultimi tempi: tra costi dell’energia e di altro genere, si stima che l’aumento sia stato pari al 42%. Stando ad una stima di Coldiretti, in 15 anni sarebbero andati perduti oltre 100 milioni di piante da frutto.
Insomma, ancora una volta la questione delle tutele, dei controlli, delle certificazioni e della trasparenza balza in primo piano nel settore agroalimentare. Anche dove la tecnica dovrebbe dare certezze. E’, d’altra parte, sempre la stessa storia. Quello dei falsi è tema che vale per le varietà ortofrutticole pirata, così come per i prodotti agroalimentari che si “spacciano” per italiani senza esserlo. E’ bene ricordarlo: il mercato della pirateria agroalimentare vale diverse decine di miliardi di euro all’anno.
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