Prosegue il viaggio di papa Francesco in America Latina e si consolida l'attenzione sulle parole che pronuncia e i gesti che compie: nei primi giorni avevo contato per lui un post su 4, ora la percentuale sale a due post su 5.Andando tuttavia ad analizzare pezzo per pezzo questa cospicua mole di cronache e commenti, si scopre che l'opinione pubblica italiana, almeno quella ecclesial-digitale, ha messo gli occhi e le orecchie soprattutto sull'omelia pronunciata a Guayaquil (Ecuador) nella mattinata del 6 luglio (da noi era il tardo pomeriggio), durante la messa per le famiglie, leggendola – con l'autorizzazione del Papa stesso – in chiave intersinodale, anzi, oramai potremmo dire presinodale. Anche perché il Vangelo era quello, celeberrimo, delle nozze di Cana.Stavolta la fiammella della popolarità “social” mi compare per un post che cronologicamente è arrivato per ultimo, «Dio può trasformare in miracolo ciò che a noi sembra impuro» (Tornielli, “Vatican Insider”, http://tinyurl.com/pksodc7; dello stesso autore, sul proprio blog, «Lo sguardo del Papa sulla famiglia»). Ma leggiamo a ritroso i titoli delle altre fonti, da «Il vino migliore può ancora venire» (Gandolfi, “L'Indice del Sinodo”) a «I miracoli in famiglia. Care famiglie sussurratevelo fino a crederci…» (Bernardelli, “Vino Nuovo”) a «Che Dio possa trasformare in miracolo ciò che ci sembra impuro» (Matzuzzi, “L'altro mondo”), fino ai primi e più neutri «Recuperare la gioia della famiglia» (Centofanti, “Radio Vaticana”) e «Nella famiglia bisogna rischiare l'amore» (Nasca, “Korazym”). Si capisce di un apprezzamento che è cresciuto e si è fatto più mirato dopo che queste parole erano state rilette e meditate, consentendo di cogliere entrambe le sottolineature teologali che Francesco offre intorno alla famiglia, dicendo del vino che Gesù fa servire a Cana: quella di fede, perché è un vino che viene da una purificazione, e quella di speranza, perché è un vino che verrà, e che non dobbiamo smettere di attenderci.
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