Una sintesi utile, tascabile e naturalmente discutibile dei maggiori problemi di cui oggi si parla, ci viene offerta dal pamphlet Il gran teatro del mondo. Sul potere dell'immaginazione nell'epoca del caos (Marsilio, pagine 140, euro 16,00), autore Philipp Blom, giornalista e storico tedesco collaboratore di "Financial Times", "Indipendent" e "Guardian". Brillante, disinvolto, molto informato, Blom usa un po' troppo spesso termini oggi di moda come raccontare, narrazioni e storie dati come sinonimi di spiegare, interpretare, idee: come se l'immaginare fosse un perfetto sostituto del pensare e del giudicare. Ma è anche probabile che questo non sia soltanto uno dei vari vezzi verbali diffusi, e che corrisponda a una realtà culturale. Invece di riflettere si preferisce fantasticare. Con l'inconveniente che l'immaginazione è senza dubbio un ingrediente della conoscenza, ma è anche un modo per evadere dalla realtà e magari falsificarla. Del resto, dice Blom, nella storia più recente della cultura occidentale hanno dominato due opposte tendenze: quella del razionalismo illuministico e quella della passionalità romantica. Da un lato il dovere di ragionare e di studiare i fatti con metodi scientifici. Dall'altro il bisogno di entrare in contatto intuitivo, empatico, estetico con la realtà. I rischi possibili sono opposti: controllare freddamente e con distacco ciò che avviene o si vuole che avvenga, o invece surriscaldare la realtà e farsi trascinare da emozioni che possono essere sia generose che cieche. L'asse intorno al quale ruota il discorso di Blom è che di fronte ai problemi del presente e del futuro è diventato necessario rinnovare la visione o "narrazione" collettiva che dovrà orientare i comportamenti di ognuno e i progetti politici che riguardano la convivenza su scala locale e mondiale. Se è vero che «le identità sono narrazioni», bisognerà avere abbastanza immaginazione culturale per dare forma a un modo più condivisibile che conflittuale di vivere i problemi del nuovo millennio. Scrive Blom: «Gli istinti morali dell'Occidente hanno subito una trasformazione radicale. Quando sono i mercati e l'iperconsumo a muovere la società, l'etica della vita ottimizzata e del massimo appagamento prende il posto di un'etica della rinuncia e del dovere». C'è da chiedersi se l'etica del benessere immediato sia veramente un'etica e se permetta di vivere in un mondo in cui universalismo e pluralismo dovranno coesistere. Senza l'alleanza di immaginazione scientifica e immaginazione morale, l'homo sapiens rischia sempre di trasformare l'accelerazione del "progresso" in autodistruzione.
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