«Chi credete che io sia» è il titolo, davvero felice, di un programma di nicchia in onda in tarda serata su RaiTre da qualche settimana: preti contemporanei (auto)ritratti nella loro non scontata quotidianità. Andrea Fagioli ne ha già parlato bene, qui su "Avvenire" ( bit.ly/30jvHtg ): gli pare «un viaggio interessante, senza fronzoli». Quel titolo, e la Parola che echeggia, mi è tornato in mente apprendendo da varie fonti americane del circuito Ewtn la notizia della foto di un sacerdote divenuta virale sui social network ( bit.ly/2OBMrGB ). Il protagonista è ritratto di spalle mentre, sotto la pioggia, risale a piedi una colonna di auto e Tir coinvolti in un maxi-tamponamento (l'incidente è avvento in Pennsylvania l'8 luglio). Scattata dall'interno di un'auto, l'immagine è intensa: spiccano il nero della talare, il rosso di un camion e dei fari posteriori, il grigio di un altro camion e dell'asfalto, filtrati dalla pioggia battente sul parabrezza. Pare davvero, come si legge in una delle cronache, una composizione artistica. Ma c'è da chiedersi: "chi credevano che fosse?". Ovvero: davvero fa notizia che un prete, di fronte a un incidente stradale grave, scenda dalla sua auto e si renda disponibile per assistere spiritualmente le vittime, specie se ve ne sono alcune in fin di vita? Identificato come don John Killackey, membro appena ordinato della Fraternità sacerdotale San Pietro, egli stesso, intervistato alcuni giorni dopo dal "National Catholic Register" ( bit.ly/2Zx0GD8 ), non pensa di aver fatto nient'altro che il suo dovere di sacerdote. «C'erano decine di persone – sanitari, poliziotti, vigili del fuoco –, sotto l'acqua, che si davano da fare per salvare vite umane. È il loro lavoro quotidiano e meritano la nostra più grande considerazione. Ma prima o poi tutti lasceremo questa terra, e dobbiamo pregare di essere pronti a incontrare nostro Signore. Questo fa il prete: portare Cristo agli altri in ogni momento della vita».
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