La manovra «salva Italia», ora contenuta nella legge 214 del 22 dicembre scorso, ha suscitato nei ministri di culto numerosi dubbi e incertezze, nel timore di gravosi sconvolgimenti alla previdenza di categoria. Le relative pensioni sono gestite dall'Inps nel Fondo per il clero, accanto alle pensioni di altre gestioni speciali, tuttavia nella manovra non si rinviene alcun riferimento, né diretto né indiretto, alla assicurazione sacerdotale. Il silenzio assordante sul Fondo clero ha tuttavia una spiegazione molto semplice e fondata. Nel corso dei lavori per la redazione della manovra, gli ambienti ministeriali hanno valutato anche l'impianto legislativo che caratterizza attualmente il Fondo. Una verifica dovuta nel contesto delle nuove modifiche al sistema pensionistico, ma il riscontro non ha offerto alcun collegamento della previdenza dei ministri di culto con le categorie del mondo del lavoro, sul quale impatta invece la manovra. Di conseguenza il Fondo clero non può essere accostato né alle gestioni dell'assicurazione generale obbligatoria né agli altri fondi speciali dell'Inps (telefonici, piloti ecc.). Le leggi della previdenza non hanno mai assegnato al Fondo una qualificazione distintiva, attribuita invece ad altre gestioni col termine di «fondo sostitutivo» o «esclusivo» o «esonerativo» dell'assicurazione generale. Il Fondo Clero corrisponde, infatti, alle singolari caratteristiche del servizio di ministro di culto, che giustificano una sua completa autonomia e impongono una netta distinzione da ogni altra posizione previdenziale.
Questa distinzione, assunta dalla legge 903/1973 e fortemente sentita sia dalla Chiesa cattolica sia dalle altre confessioni religiose riconosciute, rispecchia le intime aspirazioni e la scelta di vita di ogni singolo ministro di culto. Una scelta che si traduce in numerose opere di carità, centri educativi, assistenza nelle strutture sanitarie e nelle carceri, sostegno al volontariato e in una miriade di altri interventi, non solo spirituali, per esigenze collettive e individuali. Per questo, contrariamente a quanto accade per le altre forme assicurative, il Fondo può raccogliere dai suoi iscritti solo contributi di importo fisso e liquidare prestazioni di importo definito, senza alcuna variabile, gli uni e le altre nell'ammontare stabilito dalla legge.
Contributivo pro rata. Anche la tecnica previdenziale presenta differenze insormontabili. Ad esempio, il calcolo contributivo delle pensioni presume che il lavoratore, dipendente o autonomo, debba realizzare nel corso della vita lavorativa un accumulo di contributi di importo crescente e rivalutato, condizione questa non compatibile con la contribuzione fissa in vigore nel Fondo. Inoltre, la rata mensile della pensione contributiva varia per effetto del «coefficiente di trasformazione», il motore del calcolo contributivo, diversamente dalle pensioni liquidate dal Fondo, tutte in un importo fisso, per legge.
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