Milano, Piazza Duomo. Abbiamo deciso con un manipolo di amici artisti di occupare, come angeli volerecci, la centrale piazza ambrosiana. È tempo di vigilanza e terrorismo e le divise di rito disegnano uno strano perimetro alla vitalità meneghina. Abbiamo il permesso dalla questura per una trentina di persone e gli spostamenti dobbiamo effettuarli alla spicciolata per evitare che venga considerata una qualche manifestazione non artistica, come vogliamo che sia. Si sono allestiti una trentina di gialli girasoli di carta con lo stelo alto un metro. I lati dello storico luogo sono costellati di decorativi cestini dei rifiuti. Il nostro scopo è di trasformare, ficcandoci un fiore, i singoli ricettacoli di spazzatura in un primaverile vaso di fiori. È il primo giorno di primavera ma anche quello mondiale della poesia. Ora che abbiamo creato un eden stagionale, che avrebbe fatto invidia a Botticelli, leggiamo i nostri testi. Un cantante di strada ci subaffitta, lì per lì, il suo flebile impianto microfonico. La gente si sofferma, i carabinieri in moto ci traversano. È un ramoscello d'ulivo nel becco di una colomba immaginaria. Una famigliola cinese coglie uno dei nostri fiori. Tre homeless ne prendono altri due e se ne vanno sotto un sole per lucertole, come noi.
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