La buona notizia è che Cristina è italiana. L'amara considerazione è che la legge sulla cittadinanza si conferma ingiusta. Cristina abita a Roma, dove è nata e sempre vissuta. Anche i suoi genitori sono "qui da una vita": entrambi nati in Italia, ma questo non è loro bastato per essere italiani. Una famiglia di regolari, tutti con il permesso di soggiorno. «Inoltre Cristina – aggiunge Paolo Ciani della Comunità di Sant Egidio – è una persona "fragile" che la sociologia definirebbe «a rischio di discriminazione multipla: è disabile, rom e donna».
Come prevede la legge, una volta spente le 18 candeline, la famiglia, insieme agli amici di Sant'Egidio, si è recata in Comune per chiedere la concessione (non un diritto, è anche questo il problema) della cittadinanza. Negata: lo Stato non considera una ragazza disabile idonea a presentare la richiesta, la norma – le viene obiettato – prevede che la persona esprima la volontà di diventare cittadina. Cristina non parla, ma fa capire i suoi bisogni grazie a una scheda su cui indica sì e no. Eppure i regolamenti non lo prevedono, gli impiegati rinviano imbarazzati e l'unica strada rimane che il papà diventi amministratore di sostegno. I tempi paiono troppo lunghi: se passa il diciannovesimo compleanno, per la legge perderebbe la possibilità di chiedere la cittadinanza.
Per fortuna in Tribunale un giudice sensibile si prende a cuore la questione e accorcia l'attesa: il padre può subito presentare la pratica, Cristina diviene italiana e con amici e parenti organizza una festa.
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