U
n settore importante, dal punto di vista economico e occupazionale. Oltre che di immagine. È quello della vasta filiera vitivinicola alla quale uno studio di Nomisma
(commissionato da Federvini) aggiunge anche quella degli spiriti e degli aceti. Numeri di rilievo, che fanno capire subito (se ve ne fosse ancora bisogno) la preziosità dell’agroalimentare.
L’indagine, presentata in questi giorni, indica la consistenza del comparto in oltre 2.300 le imprese (che diventano 38mila considerando anche quelle agricole di trasformazione),
e in
21,5 miliardi di euro il suo fatturato diretto, mentre il valore delle esportazioni arriva a 10 miliardi. Il nostro Paese, viene fatto ancora notare, è oggi il primo esportatore mondiale a valore di aceti, con una quota sull’export globale del 37%, nonché di vermut, il secondo di vini fermi imbottigliati e liquori.
Gli stessi tre settori - dice ancora Nomisma - generano sul territorio nazionale un valore aggiunto, inclusivo anche delle componenti indirette e indotte, pari a 20,5 miliardi di euro, corrispondenti a circa l’1,5% del Pil nazionale. Altrettanto rilevanti sono i valori sotto il profilo occupazionale: a fronte di 81mila lavoratori direttamente occupati dalle imprese dei tre settori (vino, aceti e spiriti), grazie ad un effetto moltiplicatore pari a 5,8, se ne attivano oltre 460mila nell’intero sistema economico nazionale che corrispondono a quasi il 2% del numero complessivo di lavoratori in Italia.
Forte valore economico e occupazionale, quindi, quello rappresentato dal vino e dintorni che, tuttavia, deve essere curato e fatto ancora crescere. Obiettivo il cui raggiungimento non è così scontato. Per capire, basta ricordare alcuni problemi recenti. Dicono tutto le “sfide legate all’incerto scenario macro-economico e geopolitico internazionale” come la recente crisi del Mar Rosso oppure l’indagine antidumping sui distillati europei da parte della Cina. Senza dire dei costi e del clima. Per questo, la presidente Federvini, Micaela Pallini, non ha remore a dichiarare che «le nostre imprese ancora oggi sono molto esposte a incertezze di natura geopolitica, normativa, commerciale, inflattiva. La difesa di questo patrimonio italiano, con la sua storia, cultura e reputazione, è una responsabilità tanto degli imprenditori, con le loro organizzazioni di rappresentanza, quanto delle istituzioni».
Come dire: vini, spiriti e aceti sono davvero un tesoro per tutti, ma tutti allora devono concorrere alla loro difesa.
© riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: